Per il terzo anno consecutivo la redazione di MilanoTeatri si trova a scegliere i migliori spettacoli andati in scena. Non una votazione, ma semplicemente un elenco delle opere che ci hanno trasmesso qualcosa e che secondo noi meritano di essere ricordate, sempre sottolineando che assistere a tutte le produzioni milanesi è ovviamente impossibile. Ogni membro della redazione di MilanoTeatri ha scelto 3 spettacoli, ecco cosa ne è venuto fuori.
Ivan Filannino ha scelto
IL MATTO 2 (di e con Massimiliano Loizzi)
Il Matto Massimiliano Loizzi torna ad “indagare” sugli omicidi di stato, dopo il caso Pinelli questa volta l’eclettico attore analizza la morte di Carlo Giuliani in quel tragico G8 del 2001 a Genova. Un secondo processo farsa che vede lo Stato spadroneggiare senza vergogna, mentre un povero avvocato cerca di far sentire la sua voce esponendo i fatti di quel tragico pomeriggio genovese. Humor nero unito a verità storiche, Loizzi sa divertire il pubblico, ma anche risvegliare desideri di giustizia mai assopiti e voglia di riaprire pagine di storia che si cerca di dimenticare.
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ANNABEL (di Michela Giudici, regia Michela Giudici e Alessandro Veronese)
Spesso si usa il termine “One man show” (in questo caso “Woman”) riferendosi al varietà e potrebbe quasi risultare offensivo se accomunato al teatro di prosa. Per Annabel, però, questa locuzione è perfetta, quello di Michela Giudici è un vero e proprio show in cui a essere messa in mostra è l’arte e il lavoro dell’attore. Michela si lascia circondare, o meglio ancora accerchiare dal pubblico, cancellando ogni traccia di sé per diventare Annabel ragazza afflitta da problemi di anoressia. Un monologo dove si sottopone a una prova fisica notevole ballando, saltando e facendo addominali. Ottima la sceneggiatura, eccezionale l’interpretazione.
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ILIADE (di Corrado d’Elia)
L’Iliade messa in scena da Corrado d’Elia è un viaggio nello spazio e nel tempo, una girandola di emozioni offerta da un grandissimo maestro del monologo. La sensazione che ci regala l’attore è davvero quella di ritrovarci sulle spiagge di Troia sotto le porte della città, chiudendo gli occhi possiamo sentire il rumore del mare e le spade che duellano. Ogni personaggio è perfettamente descritto, le luci e la musica viaggiano in sintonia con il testo. Un’ora e mezza di grande spettacolo.
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Olga Bordoni ha scelto
NEWSIES
Una serata a Broadway con Newsies e i suoi fantastici interpreti: tanti giovani pieni di talento ed energia, gioiosi, grandi ballerini e performer, che ci raccontano una storia dolorosamente vera. Le durissime condizioni degli strilloni di New York, bambini e ragazzini tra i 5 anni e l’adolescenza costretti a lavorare anche 12 ore al giorno in ogni clima, e lo sciopero che decidono di organizzare per cambiare la situazione: ecco i fatti che ci vengono narrati in questo musical attraverso una lente che ci regala una visione positiva e mette in luce i valori della speranza, della fiducia, dell’amicizia e dell’unione di intenti per un buon fine comune. Una produzione multi premiata Disney Theatrical Productions con colonna sonora di Alan Menken.
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CABARET (di Joe Masteroff, regia Saverio Marconi)
Musical che passione, ma qui ci troviamo davanti uno spettacolo diverso: atmosfere al limite del cupo, tensione e paura nell’aria, un futuro buio perché la guerra incombe e non c’è scampo per nessuno. Intensi ed appassionati tutti gli interpreti, dai performer danzatori più giocosi agli strepitosi protagonisti, Giulia Ottonello e Giampiero Ingrassia, incarnatori di questa decadenza. Ingrassia è il Maestro di Cerimonie, il burattinaio dello stato d’animo del musical, ironico e tentatore, che prova a distrarci con le sue promesse di meraviglie; ma la realtà è schiacciante, il dramma è alle porte e bisogna prenderne coscienza. Un finale a sorpresa di forte impatto, uno spettacolo crudo e toccante, coraggioso, prodotto dalla Compagnia della Rancia per la regia di Saverio Marconi. Garanzia di grande qualità.
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COSI’ TANTA BELLEZZA (di e con Corrado Accordino)
Un one man show di Corrado Accordino, autore ed interprete di questo spettacolo profondo e provocatorio, che vuole stimolarci ad aprire gli occhi ed imparare a vedere quanta bellezza ci circondi ogni giorno, in ogni momento. La storia di un uomo comune con una vita normale che ci viene raccontata come un viaggio di conoscenza di sé e un vero esame di coscienza, alla ricerca della felicità vera e della nostra autenticità ed unicità. Tutti abbiamo una voce interiore che ci suggerisce ciò che è giusto fare, ma troppo spesso la ignoriamo perché coperta dagli assordanti rumori di una vita con regole già scritte e che veniamo condizionati a scegliere. Ecco uno spettacolo che ci scuote, ci costringe a farci delle domande, ci lascia con dei dubbi e degli ottimi spunti di riflessione regalatici con ironia intelligente ed incisiva.
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Arianna Lomolino ha scelto
LA MONACA DI MONZA (di Yvonne Capece e Walter Cerrotta)
La ferocia del poco noto testo testoriano si modella attraverso la recitazione consapevole di Yvonne Capece e Walter Cerrotta, della compagnia (S)BLOCCO5.
Un testo apparentemente lontano dal Testori più noto, eppure intimamente legato al suo percorso di autore, e prima ancora di uomo, cattolico, nella Milano degli anni ’60.
Il senso torbido e sensuale del peccato, la disperazione di una vita immota, non scelta, balzano sul palco con straordinaria energia e coraggio artistico.
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LA DOLCE GUERRA (di Elena Ferrari e Mariano Arenella)
La dolce guerra, scritto e ideato da Elena Ferrari e Mariano Arenella, propone con intelligente freschezza il tema greve della Guerra. Scalzandosi dalla retorica, gli attori – autori – narratori saldano la crudezza del contesto storico alla dolce banalità di una vicenda intima, una fra le tante possibili, raccontata senza eccedere in facili eroismi, o – ancor più facile – cedere al pietismo. Uno spettacolo che merita risposte.
Selezionato, nel 2015, come uno dei progetti ufficiali per le commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale, a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli Anniversari di interesse.
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EDITH (di Davide Strava con Sarah Biacchi)
Sarah Biacchi, diretta da Davide Strava, nei panni di Edith Piaf, commuove un pubblico ora incantato dalla pienezza della voce, ora inorridito dai retroscena della vita di Edith, per poi stordirlo con la follia frenetica della protagonista.
La figura, incerta nei movimenti, precaria e fragile, come fine porcellana, ammalia e addolora. Un monologo ricco di particolari, calibrato nelle sue parti, devoto alla musica cui deve accompagnarsi, ma senza farsene sopraffare: il testo incornicia e si lascia incorniciare. Ne risulta così un vivo, appassionato omaggio al passerotto di Francia.
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Roberto De Marchi ha scelto
JONNY PRESE IL FUCILE (di Dalton Trumbo, regia Sergio Ferrantini)
Nell’ambito dei progetti destinati al centenario della prima guerra mondiali è sicuramente uno spettacolo che si è distinto (insieme ad HERMADA del COOPERATIVA) per l’originalità e l’efficacia della messa in scena. Ha anche avuto il merito e la capacità di emozionare e coinvolgere lo spettatore attraverso nuovi canali e sussidi tecnologici, creando un virtuoso cortocircuito tra teatro e dramma radiofonico.
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DON CHISCIOTTE – OPERA POP (di Emilio Russo)
E’ stato un progetto che ha calibrato sapientemente il classico e la storia recente mantenendo nell’iperbole rappresentativa (trasposizione dell’opera nel giorno dello sbarco sulla luna) la forza emotiva che spinge l’uomo a sognare e/a vivere.
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LA VITA HA UN DENTE D’ORO (di Rita Frongia, regia Claudio Morganti)
E’ stata al contempo una lezione di teatro sulla caratterizzazione dei personaggi e un invito ad entrare in sogno. Due attori che con la fisicità, il movimento (sebbene per tutto lo spettacolo siano seduti al tavolo di un bar) l’uso disinvolto della parola e del suono accompagnano lo spettatore in un percorso disvelante la fatica ed i sogni dell’attore.
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Beatrice Marzorati ha scelto
SHAKESPEARE A PEZZI (di Omar Nedjari)
Andato in scena presso il Teatro Delfino e poi replicato in altre occasioni, lo spettacolo “Shakespeare a pezzi” attira l’attenzione fin dal principio e… subito scatta l’indagine. Primo indizio, il titolo – ed ecco una provocazione: questo spettacolo è la sequenza dei più famosi “pezzi” di Shakespeare o è un’opera splatter in cui Shakespeare viene fatto a “pezzi”, vivisezionato per scoprirne i segreti più reconditi?
Scritto, diretto e interpretato dallo spregiudicato Omar Nedjari, lo spettacolo si sviscera attraverso il piacere e il divertimento nell’investigare e analizzare gli aneddoti riguardanti Shakespeare, partendo dalla singolare domanda “Shakespeare era forse italiano?”. Tantissimi i fatti, le curiosità, le opere citate (non banale una preparazione così erudita e non noiosa), intrecciate a riferimenti spiritosi sulla contemporaneità, in una ricca alternanza di diversi stili messi in atto dal poliedrico Omar Nedjari. Poco importa alla fine se ciò che si racconta è vero oppure no, questo spettacolo dimostra che è possibile divertirsi in modo intelligente, dimostra che l’ironia e la leggerezza sono delle gran virtù, dimostra che giocare insieme al pubblico è sempre la scelta vincente… ma non solo: dimostra che il mostro sacro di Shakespeare ha senso di esistere ed essere ancora ricordato proprio nella misura in cui lo si sveste della pesantezza del “mito” e, con rispetto ma anche con sorniona allegria e freschezza, ci si permette di prenderlo anche un po’ in giro. Ed è così che Shakespeare diventa veramente eterno.
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HERMADA STRADA PRIVATA (di Renato Sarti)
L’ispirazione del regista e autore Renato Sarti in questo caso ha una connotazione topografica e si dichiara nel titolo “Hermada, strada privata”, spettacolo che ha debuttato al Teatro della Cooperativa, appunto in via Hermada… ma la storia ci porta distanti da Milano. A parlare infatti sono due monti: l’Hermada nei pressi di Monfalcone, baluardo inespugnabile dell’esercito austro-ungarico a difesa di Trieste, e il Monte San Michele vicino a Gorizia, che gli italiani cercarono disperatamente di conquistare durante le Battaglie dell’Isonzo. I due monti raccontano le paradossali vicende che diedero inizio alla Grande Guerra e poi le tante, piccole storie che animarono i loro pendii: i combattimenti, le amicizie, la vita di trincea, i gesti eroici, le lettere inviate ai propri cari… La natura s’indigna, diventa partecipe e si unisce a quelle voci di sofferenza, di rabbia e di orrore. I due monti si trasformano in testimoni e “giudici” appellandosi a fatti realmente accaduti: in questo caso la realtà ha purtroppo di gran lunga superato le peggiori fantasie (è da sottolineare il lavoro di ricerca drammaturgica e il ricorso a fonti storiche precise ed esatte).
L’intensità e la commozione del racconto è senz’altro dovuta anche alla eccezionale interpretazione dei due attori, Alex Cendron (Monte Hermada) e Valentino Mannias (Monte San Michele) e alle scene efficaci e suggestive realizzate da Carlo Sala, con l’ausilio del disegno luci di Luca Grimaldi.
Ungaretti scrisse sul Monte San Michele la poesia “Sono una creatura”: “Come questa pietra / è il mio pianto / che non si vede. / La morte / si sconta / vivendo”. E dall’abominio della guerra e della morte assurda di tanti uomini scaturisce il disperato e profondo bisogno di difendere la vita, anche qui, anche oggi.
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UN ALTRO AMLETO (di Magdalena Barile, regia Aldo Cassano)
Non si contano le messinscene e i riadattamenti che si ispirano alle opere di Shakespeare e lo spettacolo “Un altro Amleto”, regia di Aldo Cassano, in scena presso il CRT, sembra proprio rispondere provocatoriamente alla fortuna sempreverde della storia del malinconico principe.
Nella rilettura di Magdalena Barile, autrice del testo, la scena si trasforma: non ci troviamo più in Danimarca bensì in Brianza, non più in una reggia cupa e funestata da intrighi ma nella casa kitch e sberluccicante, dal gusto vagamente macabro, di una famiglia benestante di industriali. Il testo dipinge con ironia e impietosa lucidità il ritratto – estremo, ma non per questo meno credibile – di una moderna famiglia borghese, apparentemente soddisfatta e appagata dal benessere materiale e sociale (“Hai bisogno di credere in qualcosa. Io credo agli oggetti”) e dilaniata all’interno da conflitti irrisolti e soprattutto incompresi. In questa dark comedy l’elemento grottesco rende ancora più inquietanti le dinamiche assurde che si svolgono tra i personaggi, caratterizzati dalle nuove turbe proprie della modernità. I rituali borghesi ovattano la presenza delle armi, della violenza, dell’aborto e alla fine è difficile identificare chi sia davvero il più folle.
Validi gli attori Federico Manfredi, Emilia Scarpati Fanetti, Nicola Stravalaci e Debora Zuin. Il regista Aldo Cassano commenta a proposito di Amleto che “rimane impantanato nelle circostanze del sistema che lo circonda. L’essere o non essere si traduce nella nostra messinscena in un’incapacità di Amleto di prendere in mano la propria vita e di riuscire anche a trovare un filo di felicità.”
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Francesco Annarumma ha scelto
BEYOND VANJA (di Francesco Leschiera)
Sempre dura confrontarsi con Anton Cechov ed ancora di più con la sua opera forse più complessa: Zio Vanja. Leschiera riesce a farci rivivere la storia stimolando tutti i sensi dal gusto all’udito, dall’olfatto alla vista in mescolamento trionfale di vita e di morte. Un’incantevole interpretazione degli attori conquista lo spettatore in un alternarsi continuo di sentimenti contrastanti e che non hanno via di uscita se non quella delle parole e dei relativi silenzi. Uno spettacolo dal sapore antico ma proiettato tutto nella modernità, quella dei sentimenti.
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LA SIGNORINA GIULIA (di Giuseppe Scordio)
Un’opera che incanta lo spettatore con la maestria della regia e una chirurgica meticolosità di riscoperta della grande drammaturgia di Strindberg. Un’analisi lucida dell’amore e della sua schiavitù, dell’impossibilità di scegliere il soggetto del nostro amore. Un gioco di potere continuo e senza sosta che logora gli attori ed entusiasma il pubblico in un climax di rara gradevolezza.
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PINOCCHIO (con Manuel Frattini)
Il classico più famoso della letteratura italiana nel mondo ha infiammato l’Italia e Milano con un tour unico per qualità e professionalità. Manuel Frattini riporta in vita il burattino più amato da adulti e bambini in una versione musical energica e commovente. Frattini riesce a riportare in scena un Pinocchio credibile per voce, movimento, attitudine e caratteristiche fisiche. Tre ore di gioia per occhi ed orecchie con un cast che intrattiene il suo pubblico con una danza e un canto continui e privi di interruzione. Lo spettacolo sale fino al finale che strappa lacrime: cos’è in fondo Pinocchio se non la storia di un amore, quello di un padre per un figlio?
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