Confrontarsi con la materia Pasolini non è cosa da poco, il personaggio sembrerebbe troppo grande per essere contenuto, raccontato, ma è necessario trovare lo spazio per ricordare, per conoscere. La compagnia Fenice dei Rifiuti ha scelto per i quarant’anni dalla morte di riportare sul palco del Teatro Libero uno spettacolo fermo da due anni, “Più dei santi, meno dei morti – la notte in cui Pasolini”.
La scena è essenziale – non occorre nulla – sono importanti le parole per affrontare un fatto di cronaca, una questione politica, la fine di un uomo.
La dimensione corale pone lo spettatore davanti a un tutt’uno ben orchestrato, ciascuno è Pasolini. Le coreografie si svolgono lineari su scelte musicali affatto banali ed evocative, il gioco di luci ordina e puntualizza la scena. Qualche sbavatura per la prima, attori emozionati ma lucidi, s’intuisce l’invito a non accontentarsi. Troppo limpido, forse, per l’argomento scabroso, ma il non detto può diventare fraintendimento. La scelta della drammaturgia invece è chiara e precisa, nell’organizzazione delle parti didascalico-narrative, nelle scene dai movimenti misurati e, infine, nella coerente chiusura circolare.
Difficile smarcarsi dall’agiografia davanti al Poeta, l’espediente usato è quello ironico, forza della drammaturgia di Fenice. Uno spettacolo per tutti, a cominciare dalla semplicità della comunicazione per arrivare a un grottesco Pelosi che, sulle note del Piotta, srotola, per mezzo dei suoi seguaci, le contraddittorie verità vere sulla notte in cui Pasolini…
Arianna Lomolino
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