Sabato 4 febbraio al Teatro Elfo Puccini è stato presentato in anteprima nazionale, lo spettacolo “La donna allo specchio” tratto dall’omonimo libro di Eric-Emmanuel Schmitt. La traduzione italiana a cura di Alberto Bracci Testasecca è stata adattata per la scena da Eleonora Visco Gilardi che, grazie alla guida artistica di Pierpaolo Sepe e Guido Tonetti, da anche corpo alle tre protagoniste.
Il testo è uno studio sul femminile che mette a confronto tre donne di epoche storiche distanti: Anne una mistica che nel XVII secolo vede Dio nella natura e non riesce ad adeguarsi ai dettami della chiesa; Hanna un’aristocratica del XIX secolo, insoddisfatta della vita agiata, che si avvicinerà alla rivoluzione della psicanalisi di Freud e Anny una Star di Hollywood del XXI secolo che cerca con l’abbrutimento personale e le droghe, di dare un senso ad una vita priva di valori. Tre giovani donne che si trovano a dover scegliere se subire le regole imposte da altri, oppure rifiutarle, seguire il proprio istinto ed essere davvero se stesse.
L’attrice vestita con un semplice abito bianco: un velo che copre appena il corpo di donna, riuscendo a renderlo piatto, privo di identità, nascondendone le forme; alterna la rappresentazione delle tre protagoniste con semplicità e leggerezza.
I tre personaggi si intrecciano in un crescendo di situazioni e di emozioni che li portano a prendere coscienza di se e del loro essere donna, ribellandosi allo stereotipo attribuitogli.
La ribellione nel comportamento delle protagoniste è sempre proporzionato all’epoca di riferimento, determinando anche l’evoluzione (se così possiamo chiamarla) delle epoche: gentile e delicata nel primo caso, garbata ma più determinata nel secondo, dirompente e autodistruttiva ai giorni nostri. Una forza femminile che da sempre esiste, che si rivela in modi differenti a seconda delle epoche ma non per questo con minor forza e determinazione.
Nel palco spoglio la brava attrice, ha il solo appoggio scenico di una sedia, quasi a voler sottolineare la mancanza di strumenti e la solitudine in cui si viene a trovare una donna che non accetta le convenzioni della società in cui si trova a vivere (ma con le quali è costretta inevitabilmente a fare i conti) e che sopporta a fatica il ruolo attribuitogli dal mondo circostante.
Le esistenze delle tre donne si riveleranno collegate da un “eterno femminino” che perdura nel tempo, nonostante il passare dei secoli e l’emancipazione femminile, ma che vede ancora oggi la donna in secondo piano sulla scala sociale, costretta a lottare con ambienti dominati dagli uomini, in cui la donna è spesso ridotta a immagine del bello, spingendola a trattenere il suo essere e mostrarsi invece per quello che il mondo intorno a se vuole che lei sia.
Enea Montini
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