Il testo originale pluripremiato, in scena al teatro PimmOff, SocialMente, ideato e diretto da Clauda Marsicano e Francesco Alberici, che ne è anche il drammaturgo, offre con lucido sarcasmo il lato aberrante e non così segreto dei social network.
Sulla scena scarna, in un susseguirsi di quadri alternati, prendono forma le nevrosi, le bulimie da social, le dipendenze da reality show, insieme alle manie di onnipotenza.
Lo spazio è buio, ben misurato il movimento delle luci, ci sono un televisore, un puff e un frigorifero – o porta telematica – riportante il logo di FB.
L’esasperazione è la cifra della pièce, le compulsioni dell’irrealtà portate al parossismo svelano una forma di inettitudine che è tutta contemporanea. L’orrore della lentezza prende corpo nell’incapacità dei due a guardarsi negli occhi una sola volta.
Il linguaggio è schietto, laconico, nei modi brutali che – con la medesima violenza – assottigliano la linea che divide la vittima dal carnefice; il tutto, ovviamente, comodamente, da dietro uno schermo.
Energica e versatile lei, precisa e arguta la recitazione di lui; ironici e autoironici, attivano il pubblico tanto nell’ilarità quanto nello sgomento, una coppia ben collaudata insomma, che ben interpreta lo spazio e i tempi di (non)svolgimento. Curiosa, ma per paradosso calzante, la scelta della musica, dai Queen a Loretta Goggi, nello stridore con il quadro di inerzia che ci si trova davanti.
Un testo vincitore nel 2014 del premio Borsa Teatrale Pancirolli, del Festival Young Station e del premio OFFerta Creativa; evidenti le ragioni di cogenza storica: una scelta teatrale che entra con entrambi i piedi nel reale, senza impartire nessuna morale. Forse però l’augurio più severo di un’inversione di tendenza avrebbe potuto non essere lasciato così sottotraccia. Affidarsi alla sensibilità dello spettatore con un tema così presente rischia di innescare un moto di rifiuto: non ci identifichiamo in ciò che ci spaventa, siamo per natura portati a prenderne le distanze, a sentirci diversi: questa cosa non riguarda me. Quei movimenti – seppur a tinte più o meno lievi – riguardano innegabilmente la socialità.
Arianna Lomolino
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