“Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo”: intervista ad Anna Gualdo

gualdo

Torna a Milano, dopo lo straordinario successo della scorsa stagione lo spettacolo Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo diretto da Fausto Cabra su testo di Gianni Forte.

Le luci del Teatro Franco Parenti, dal 14 al 23 novembre 2025, si abbassano e il brusio si spegne.

Sul palco, non c’è solo uno spettacolo: c’è un varco aperto nella psiche umana.

Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo non racconta una storia, la frantuma. La ricompone in frammenti colorati, come un mosaico che non trova mai la sua forma definitiva.

Al centro, la figura di Billy Milligan, l’uomo dalle 24 personalità che negli anni ’70 sconvolse la giustizia americana. Vittima e carnefice, innocente e colpevole, Milligan è il simbolo di una domanda che ci riguarda tutti: quanto siamo padroni di noi stessi?

La regia di Cabra non cerca risposte, ma spalanca porte. Luci acide, suoni che graffiano, corpi che si muovono come pensieri impazziti. Ogni scena è una scheggia di memoria, un frammento che si incastra e poi si disintegra. Raffaele Esposito è magnetico: cambia pelle, voce, respiro con una fluidità inquietante.

E poi c’è Lei in questo labirinto mentale, Anna Gualdo, la bussola che tenta di orientare il caos. È la psicologa che cerca di decifrare Billy, ma anche la madre che non ha saputo proteggerlo. La sua prova è un esercizio di equilibrio: passa dalla lucidità professionale alla fragilità emotiva, come sempre, con naturalezza disarmante. Nei suoi dialoghi emergono le personalità più delicate, come Alice, la ragazza che scrive poesie, e Pollicino, il bambino terrorizzato dai ricordi. Anna Gualdo non recita: ascolta, accoglie, soffre. È il volto umano di una storia che altrimenti sarebbe solo abisso.

Carissima Anna, come sempre grazie per aver accettato il mio invio perché so che non ami le interviste.

Torni in scena con lo spettacolo Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo, che ti ha vista lontana dalle scene milanesi e non solo, spettacolo che non è una semplice ricostruzione biografica, ma una riflessione profonda sull’identità, la molteplicità dell’essere umano e la fragilità della psiche.

Per chi non avesse visto lo spettacolo, cosa vedremo?

La lontananza dalle scene è stata breve ma intensa e dura, dovuta prima alla pandemia e poi ai miei problemi di salute. Abbiamo ripreso lo spettacolo con una new entry, Sara Putignano, che ha sostituito Elena Gigliotti, entrambe molto brave ma anche molto diverse, perciò ti toccherà tornare.

E io tornerò di sicuro.

Cosa vedrete non lo so, perché non ho mai visto lo spettacolo ma ben mi fondo nei tanti ruoli e identità che questo lavoro mi porta a interpretare, fortunatamente senza gravi conseguenze patologiche. Certo che ognuno nasconde i propri traumi dentro di noi molto spesso sepolti, mentre questo spettacolo ribalta la visione, seppellendo il primo io bambino e lasciando affiorare gli altri, col cinismo e la cattiveria propria dei bambini vittime di traumi e abusi.

Lo spettacolo sembra suggerire che la “molteplicità dell’essere umano” non sia solo patologica ma anche universale. Cosa significa “essere sé stessi” oggi?

Non mi sono mai cercata tanto né troppo, e non so neanche io cosa significhi essere me stessa, piuttosto una convivenza serena e fisiologica con le tante Anna, nella vita ed in quella parte della mia vita che porto sul palco.

Il caso di Billy Milligan è diventato famoso per essere il primo individuo negli Stati Uniti ad essere assolto da crimini gravi (tra cui rapina e stupro) grazie alla diagnosi di disturbo dissociativo dell’identità.

Noi spettatori ci potremmo sentire più vittime o complici dentro una storia vera come quella che raccontate?

La vittima e il complice coesistono in noi come in Billy, quanto la complicità tra la vittima e il boia.

Non so cosa potrebbero sentire gli spettatori di tutto ciò, ma se già almeno sentissero qualcosa sarebbe un gran bel risultato, perché sentire ha la stessa radice di sentimento, e questa complicità tra la storia vera messa in scena e lo spettatore è ciò che spero si senta.

Mio pensiero, a fine serata sembra vogliate spogliare lo spettatore da pregiudizi.

Come avviene, se avviene, questo processo?

Più che spogliare lo spettatore da pregiudizi, il testo è una gigantesca sospensione del giudizio, provvisoria e momentanea, un’epoké di novanta minuti, affinché tornando a casa ognuno si dissoci in bambino, avvocato, strizzacervelli, giustizialista, poliziotta o mamma.

Il testo è di Gianni Forte, la regia di Fausto Cabra.

Per tanti anni hai lavorato con Gianni, mentre con Fausto eravate in scena nello spettacolo Troia’s discount di Ricci/Forte.

Com’è stato tornare a lavorare con loro dopo un bel po’ di anni, ma soprattutto essere diretta da Fausto.

Con Fausto ho già lavorato diverse volte e sempre con gioia, mentre il pensare di tornare ad un testo di Gianni è stato inizialmente buffo, dissociandomi tra ricordi bellissimi e altri meno, ma la drammaturgia destrutturata e a volte onomatopeica mi è subito piaciuta, così come di sapere di Raffaele Esposito ed Elena e ora Sara.

Quanta libertà ti ha lasciato, Fausto, nell’interpretare i tuoi personaggi?

(se sto spoilerando troppo dimmelo…)

Fausto mi conosce e mi vuole bene, e mi ha sempre lasciato tutta la libertà che mi sono voluta prendere, purché facessi quello che diceva lui, o meglio seguissi la sua visione globale e immaginifica dell’intera scena.

Invece quanto sono importanti le parole e quale peso hanno all’interno di uno spettacolo come Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo?

Questa domanda andrebbe rivolta a Gianni Forte o a Nanni Moretti, ma siccome sono un’attrice posso rispondere che le parole sono tutto, il testo, quello che noi attori solitamente riceviamo in versione definitiva due giorni prima della generale, ecco il testo è fondamentale e il testo è fatto di parole, e pause.

C’è un momento dello spettacolo che a te personalmente toglie il fiato?

Ho smesso di fumare e ora ho più fiato, oppure il monologo delle tre ragazze vittime di sequestro e stupro.

Ti sei dovuta fermare per un po’ di tempo per motivi di salute, cosa ti è mancato di più del teatro?

Del teatro mi è mancato tutto, i trolley, i treni, la logistica a due stelle, la mezza diaria, la passione, i testi e i tagli, il monologo detto a casa all’amica, la tournée che non se ne fanno più da sei mesi, le prove, le filate, la tecnica, i tecnici che non ci sono e quelli bravi ma lenti, il ristorante convenzionato, il palco, la generale e la prima, mi è mancato tutto del teatro tranne le interviste, e gli incontri con il pubblico.

Ecco… ma io so che mi vuoi bene e un’intervista, quando e se puoi, me la concedi sempre!

Dunque… tornando a noi.

Per anni ti sei dedicata al teatro contemporaneo, come siamo messi in Italia con la nuova drammaturgia?

Vedo sempre tante bellissime cose in minuscoli teatri, e non mi capacito di quale anello di congiunzione manchi perché tutto ciò finisca nei cartelloni degli stabili, dei nazionali, Tric, dei teatroni insomma.

In quale direzione sta andando il teatro?

Una retta ha una direzione e un verso, e il teatro ha sicuramente una direzione dal passato al futuro, mentre è sul verso che ho dei dubbi, se stiamo andando avanti o indietro.

Il teatro è stata la prima e arcaica forma espressiva e rappresentativa della realtà, del mito e delle idee, e spero con tutto il cuore che il teatro contemporaneo sappia farsi ancora carico di tanta responsabilità, perché rimanga in empatia col mondo, a volte anticipandone le tragedie ed altre ridicolizzando gli dei.

Hai un sogno nel cassetto?…

Recitare in un musical con Gary Oldman, vale?

Per te vale tutto e te lo auguro!… ok, sto virando sul personale, torno allo spettacolo.

Chi vorresti vedere seduto/a in Prima Fila al Teatro Franco Parenti il 14 novembre?

La mia mamma, Robert Redford, Hannah Arendt, Luca Ronconi, il mio fidanzato, Cassius Clay e se proprio non potessi soddisfare il mio sogno nel cassetto, Gary Oldman.

Vabbè a Milano ti dovrai accontentare del sottoscritto, vale?…

Invece dovesse esserci tra il pubblico un Billy Milligan, cosa vorresti che gli lasciasse lo spettacolo Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo.

È un po’ inquietante pensare che in sala ci sia un Billy Milligan, gli direi che le responsabilità non sono per forza delle colpe, che insieme ai mostri c’è un Pollicino, che quelli che ti aiutano veramente sono quelli che ti sanno ascoltare, e che questa è una finzione e la vita vera può essere più bella.

Concludendo, cosa ti piacerebbe leggere in una recensione sullo spettacolo Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo e cosa ti darebbe fastidio?

A parte la scontata ma piacevole frase “e su tutti svetta l’incontenibile maestria della Gualdo” non so cosa vorrei leggere. Vorrei leggere cose belle di chi si è lasciato prendere dallo spettacolo e accompagnare in un torbido viaggio dentro una psiche fratturata e scomposta, mentre mi danno fastidio i giudizi morali, di chi silenzia il cellulare sapendo già cosa lo aspetta.

Viviamo in un’epoca di semplificazioni e identità digitali preconfezionate, lo spettacolo Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo invece ci costringe a fare i conti con le contraddizioni che ci definiscono.

Se vuoi vedere uno spettacolo che ti entra nella mente, e non ti lascia più, devi andare a teatro…

Teatro Franco Parenti

14 – 23 Novembre 2025

Schegge di memoria disordinata a inchiostro policromo

regia Fausto Cabra

testo Gianni Forte

con Raffaele Esposito, Anna Gualdo, Sara Putignano

sinossi:

Accusato di rapimento e violenza sessuale, venne assolto per infermità mentale perché affetto da disturbo di personalità multipla. Un’indagine radicale sulla fragilità dell’identità e sull’illusione dell’“essere sé stessi”, mito tossico che oggi governa il nostro immaginario.

Verità e finzione s’intrecciano in un continuo cortocircuito che costringe lo spettatore a fare i conti con le proprie zone d’ombra.

TiTo

Be the first to comment

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*