Intervista alla Compagnia Caterpillar

caterpillar

In occasione della messa in scena dello spettacolo “A braccia aperte” abbiamo intervistato Denise Brambillasca, Eugenio Fea e Daniele Vagnozzi della Compagnia Caterpillar.

Intervista a Eugenio Fea

Come è nato “A braccia aperte”?
Abbiamo fatto delle date di preparazione, però erano sempre studi. Quest’anno è il primo anno che debuttiamo con lo spettacolo, la prima volta che viene fatto per quattro sere di seguito. Il testo e la regia sono di Daniele Vagnozzi anche se come compagnia lavoriamo insieme, infatti Denise si è occupata delle scenografie e delle musiche mi sono occupato di più io. Daniele si sta occupando di scrittura infatti anche il prossimo testo di Caterpillar con cui saremo in scena ai filodrammatici a Maggio sarà suo, e saremo sette attori, mentre questa volta abbiamo deciso di dedicarci a un lavoro con solo tre attori. Abbiamo altri lavori per la Borsa Lavoro scritti da altri colleghi e questo è uno dei primi tre lavori della compagnia.

Come è nata compagnia Caterpillar?
Ci siamo diplomati nel 2017 all’accademia dei Filodrammatici e ci hanno premiato con la medaglia d’oro proprio per il gruppo, perciò abbiamo deciso di coltivare questo aspetto e provare a creare la compagnia. Noi crediamo molto nel lavoro di gruppo, abbiamo debuttato 2 anni fa con Fragile, una mia regia, sempre ai Filodrammatici, con 7 attori in scena. Vorremmo mantenere un lavoro all’anno in cui siamo tutti.

Come riuscite a coordinarvi come gruppo?
In questo spettacolo siamo noi tre (Denise e Daniele) in scena, ma gli altri membri della compagnia hanno fatto tutti qualcosa, dalla comunicazione all’agibilità e faccende burocratiche, in modo che ognuno possa imparare e occuparsi di questioni diverse oltre alla messa in scena. Il nostro obiettivo è crearci il lavoro da soli, siamo una compagnia nata un anno fa, stiamo ancora cercando una poetica e un modo di fare, ma quello che ci unisce è la schiettezza e la sincerità con cui ci piace stare in scena, proprio come nella storia di questa sera.

In effetti in A Braccia Aperte ciò che succede in scena è sincero, pare essere preso dalla vita di tutti i giorni…
È stata proprio una scelta, una direzione che ci siamo dati, perché nonostante io ami l’impostazione teatrale più “ classica”, per raccontare questa storia abbiamo optato per un registro più vicino al pubblico, e lo stesso vale per la durata breve, che nasce dal pensiero per cui se uno ha l’urgenza di dire qualcosa, un’ora può bastare.

Hai detto che Daniele ha curato la regia, però è comunque stato un lavoro di gruppo, come avete lavorato sui personaggi?
Daniele ha scritto questo testo su di noi, con un linguaggio teatrale nostro, che è cambiato molto dall’inizio. Io e lui, nella relazione tra i nostri personaggi abbiamo lavorato molto sul non detto. Personalmente il mio lavoro è stato molto relazionale, siamo partiti tra quello che succede tra me e lui e raccontando quella circostanza. Più che di personaggio è stato un lavoro di relazione con i personaggi. Per molti aspetti è stato difficile perché è un rapporto conflittuale fatto di alti e bassi, infatti è un rapporto quasi fraterno tra i due, si litiga ma ci si capisce al volo nonostante il passato e la distanza.

 

Intervista a Denise Brambillasca

Eugenio mi ha raccontato della vostra Compagnia Caterpillar, come è stato per te lavorare in gruppo?
Noi siamo nati nel 2017 dopo il diploma in accademia e su loro consiglio abbiamo fondato la compagnia, questo è il nostro primo testo che va in scena ed essere qui al Teatro Libero a Milano è di forte impatto, è un teatro che si presta molto per questo testo. A Braccia Aperte ha partecipato a diversi festival, come Inventario su Roma, il premio Scintille e Testi in Scena, dei premi per la drammaturgia contemporanea e siamo arrivati in finale con grande sorpresa perché Daniele non è un drammaturgo, ma siamo tutti attori. In questo modo ci stiamo facendo le ossa come professionisti a tutto tondo, c’era Edoardo Barbone, un nostro collega attore che ci segue nella tecnica, io mi sono occupata della scenografia. Ci stiamo formando su tutti i punti di vista.

Parliamo del tuo personaggio, Angela, perché non sceglie? sembra un personaggio molto determinato, eppure è contraddittorio, è un bellissimo personaggio che ti lascia molte domande
Angela nomen omen, perché non sceglie? Me lo sono chiesta, perché arriva addirittura a compiere alcune azioni? Lei da scrittura è così, è una molto maschiaccio, forte, diversa dagli stereotipi della classica ragazza bella oggetto del desiderio di due contendenti, eppure non sceglie, rimane incastrata. Io me lo spiego solo con tanto amore, quando ami talmente tanto qualcuno, anche con disinteresse senza voler niente in cambio, sei disposto ad accettare tutto e a fare qualsiasi cosa. Credo che Angela agisca d’impulso nei confronti di ciò che le fa paura, non ragiona è istintiva e poi… venite a vedere lo spettacolo per scoprire il resto! No Spoiler!

 

Intervista a Daniele Vagnozzi

Da dove nasce questa storia?
Nasce dalla voglia di parlare degli amici che abbiamo perso in senso ampio. Non è una storia autobiografica e ci tengo a dirlo, la parte biografica si riferisce di più agli amici che abbiamo perso di vista. Ho preso delle storie di cronaca della mia zona, io sono di Ancona, e ho preso storie vere e ho provato a far sì che queste storie dessero voce a quello che sentivo sull’amicizia. Il triangolo è una situazione conosciuta, chi non ha vissuto una situazione “io, te e lei” o “io te e lui”, e vi sono questioni biografiche sia mie che degli altri attori. Questo testo è stato scritto pensando agli attori e prima di scriverlo ho chiesto loro di raccontarmi le loro storie sull’amicizia e quindi è venuto fuori il trio e ho messo insieme tutto.

Tu hai raccontato la paura del dopo e anche l’essere bloccati da questa paura, è una tematica che riguarda la nostra generazione (25-30 anni)
Sì, infatti Angela rappresenta pienamente questa situazione, lei è il Limbo, quella zona in cui non c’è passato e futuro senza vedere possibilità o soluzioni. Ciò che mi ha fatto muovere è ’immagine del Limbo dantesco e la questione dell’Inferno di essere bloccati nel ghiaccio, essere costretti a compiere la stessa azione e l’impossibilità di uscirne perché sei tu stesso che lo alimenti. Tale questione è molto importante perché siamo noi stessi a rimanere incastrati e ad assecondare questo vortice, non la sfortuna o fattori esterni, perciò bisogna trovare un modo per uscire. A 19 anni forse si trova un modo un po’ avventato per farlo. Ho voluto raccontarla a teatro, anche se è una questione scomoda, ma se non lo facciamo qui dove allora?

I personaggi di Pietro e Stefano sono molto veri, uno rimane indietro nel sogno di fare il cantante e l’altro prosegue, cambiando rotta.
Sì, il personaggio di Stefano è irrisolto a modo suo ed è il più incongruente perché ha rinunciato a qualcosa, al proprio sogno. Nel testo non è dichiarato se lui è felice o no della sua vita, ci sono tante cose che non sappiamo di lui ma è così la vita, ci sono tante cose che non sappiamo. Lo stesso vale per Pietro, fa scelte comode, è umano, è l’Umano. Ed è per questo che abbiamo deciso per un altro codice per raccontare le loro storie, diverso dal teatro più “teatrale”, era necessario per questa storia.

Tu sei un attore e scrivi. La scrittura ha sempre fatto parte di te?
Io nasco come cantautore, infatti il personaggio di Pietro ha una componente autobiografica, perché io sono un autore di testi, poi sono diventato attore, ma scrivo narrativa e canzoni da quando ero piccolo. Ho iniziato a scrivere per il teatro da poco, unendo tutte le mie esperienze di scrittura fuori dal teatro. Molti degli autori contemporanei che stimo di più vengono da altri tipi di scrittura ed è una cosa bella. Poi per me è un’esigenza, non sono drammaturgo, ho iniziato a scrivere perché volevo raccontare questa storia. Da piccolo leggevo e ascoltavo tanta musica, soprattutto i cantautori italiani, ci sono anche tanti film che mi hanno ispirato.

Effettivamente il tuo testo potrebbe essere un film e anche la colonna sonora accompagna bene lo spettacolo, gli arrangiamenti sono tuoi?
Le canzoni le ho composte io e le ho arrangiate insieme a Eugenio, mentre le musiche di scena sono di Eugenio, non sono originali, ma sono curate da lui.

Intervista raccolta da Francesca Parravicini

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