LA VERITA’ DEL NATALE MESSA IN MUSICAL, CON UNO SCROOGE A TUTTO CIUFOLI
Quando Charles Dickens è nato, il 7 febbraio del 1812, non poteva immaginare di scrivere Canto di Natale, e nemmeno che la sua favola sarebbe stata riproposta, a fine dicembre del 2023, presso il teatro Lirico, nato nel 1779, in pieno fermento di sinergie illuministiche, chiuso nel 1999, riaperto nel 2021 ed intitolato alla memoria di Giorgio Gaber, avrebbe ridato luce ,una luce messa in musica, alla sua opera. Invece, questa trasposizione è accaduta, in modo sorprendente e quasi giocoso, in A Christmas Carol, il musical, Canto di Natale. A ben guardare, più di un musical, un colorato temporale di rimandi, un modo di ritornare, nella storia, senza i lugubri adattamenti, che la vicenda ha vissuto nelle sue versioni cinematografiche e televisive.
Londra, 1843, alla Royal Change, il centro del commercio d’Inghilterra, la casa della sterlina londinese, impazzano trattative, si fa credito, ma Ebenizer Sgrooge, vecchio ed avido finanziere, ha da poco perso il suo socio Marley e porta avanti l’attività in modo patetico e menefreghistico, ha un atteggiamento di continua repressione della pur minima vitalità altrui. Odia il Natale perché, prima di tutto, è un giorno dove non si batte cassa. Deve persino pagare il suo dipendente Bob Cratchit, anche se a Natale mica lavora. Si rivolgono a lui persone in difficoltà economiche, per richiedere dei piccoli prestiti, ma lui, ha sempre la solita risposta, sempre contro qualcuno, sempre contro qualcosa. Per lui l’essere, non ha un valore proprio, ma il suo valore, dipende da quello che riesce a garantirgli. In questo musical solare, firmato dalla regia e dalle coreografie di Fabrizio Angelini, Ciufoli, si cala alla perfezione nel personaggio, ma ricreandolo con freschezza e vivacità ed un’ironia, che ne caratterizza l’incedere: “Un Ciufolo, anzi un par di Ciufoli”, afferma ad inizio spettacolo, dove le relazioni con l’umanità festosa che annuncia il Natale imminente, vengono rifiutate, scartate, a priori. A lui non frega nulla del Natale “Scemenze a pagamento” perchè nulla interessa davvero degli uomini. Tutta la macchina scenografica, lo accompagna con prontezza, coinvolgendolo e provando a farli scrollare di dosso la sua misantropia.
E’ uno Sgrooge mattatore, la cui voce danza, ben incastonata con le piroette e le melodie garantite dalla direzione musicale di Gabriele De Guglielmo e dal corpo di ballo. Ecco perché quel che ne esce, è un quadro dove nulla è fuori posto, ma presenta uno sviluppo compatto, godibilissimo.
Ne beneficiano grandi e piccoli, famiglie ed amici che vedono un Ebenizer quasi amico, triste ed impacciato nella sua cecità interiore, ma simpatico nonno discolo della porta accanto.
Serve qualcosa per ridestarlo, serve qualcuno. Ecco un sogno, che arriva dopo l’ennesima giornata vissuta a mandare al diavolo la gioia. Il primo spirito, quello del Natale passato, è incarnato da una giovane ragazza, una sorta di odalisca di una possibilità di felicità. Così, mostra a lui il bambino che fu, educato dal padre a risparmiare, a mettere il denaro al primo posto.
Anche da ragazzo, non riesce a separarsi da questo attaccamento alla materialità ed arriva persino a rifiutare di vivere con l’amata Emily, perché l’unico interesse, è continuare accumulare gli interessi dei debitori.
Lo spirito del Natale presente, un ragazzo agghindato con un elegante mantello verde, gli fa capire tutto quello che si sta perdendo, e le varie vicende tralasciate dal suo atavico disinteresse. “Perdona, dona senza paura” gli sussurra. Ora guarda quello che non aveva mai né ascoltato né visto: la povertà dei suoi lavoratori, non hanno niente, eppure ecco la dignità di festeggiare, di dire “Si” alla meraviglia unica del Natale, con i pochi mezzi a disposizione. Scopre la malattia del piccolo Tim, un bambino con difficoltà deambulatorie, il figlio di Crachtic. E’ riuscito il connubio tra la coralità, che viaggia nella direzione della bellezza ed Ebenizer, capace, a poco a poco, di sciogliersi, di riscegliersi.
Lo Spirito del Natale futuro, un altro personaggio femminile, gli propone l’ombra di morte, del Natale futuro: sarà morto e non sarà più possibile tornare indietro.
Scrooge alla fine si converte, ecco la svolta: si lascia andare ad una nuova vita. Riesce ad abbracciarla, proprio alla mattina di Natale: è il 25 dicembre, lo spirito del vecchio e defunto socio Marley lo ha aiutato, gli spiriti, gli hanno ridato lo Spirito del Natale. Ora dona, regala sterline per comprare i polli più grandi di Londra, va da Crachit, che sviene a vederlo ravveduto e gli fa trovare il tacchino più sontuoso, promettendo, ogni cura, per il piccolo Tim.
Intelligente l’idea che sta dietro e dà verve allo spettacolo, riproporre la favola ma riempendola di elementi ilari, festosi, mai annoianti, un invito, senza obbligo, a riprendersi cura del Natale. Quello vero.
Si, anche Dickens, avrà sicuramente apprezzato.
Luca Savarese
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