Il 30 novembre, il teatro PIME di Milano ha visto ritornare in scena Eugenio Allegri con Novecento, diretto da Gabriele Vacis, scritto appositamente per loro da Alessandro Baricco 24 anni fa.
Il trio originale, dopo aver solcato i teatri di tutta Italia e del resto del mondo, è tornato a Milano con un’unica data, in cui Allegri ha dimostrato per l’ennesima volta di masticare il testo dello scrittore come se fosse un eco di parole proprie, coniugando in maniera totalmente naturale e disinvolta la regia dello storico collaboratore Vacis.
Novecento nasce come piccolo volume di 62 pagine edito da Feltrinelli ed è costituito da un unico monologo di un trombettista jazz, Tim Tooney, che ha fatto parte dell’orchestra della nave Virginian dal 1927 al 1993 e che su quella nave ha conosciuto Novecento, o meglio, Danny Boodmann T. D. Lemon Novecento, giovane uomo nato e cresciuto su quella nave nel 1900 e dalla quale non è mai sceso. Ma Novecento non è solo un individuo il cui destino è quello di vivere come un marinaio, lui è anche il più grande pianista che abbia mai suonato sull’oceano. E chi può comprendere meglio il pensiero di uno che vive di musica e ragiona e si esprime tramite questa, se non un altro musicista?
Per Allegri, il fatto che Tooney sia un jazzista non è questione di poco conto: sa che il ruolo del trombettista è quello di riuscire ad entrare nella testa di un fuori classe come Novecento e trasporre il suo flusso di coscienza melodico in linguaggio verbale, comprensibile al pubblico di ascoltatori che pende dalle sue labbra per ascoltare la storia che ha da raccontare.
Non a caso, una delle frasi più celebri che il pianista dell’oceano dice al trombettista è: «Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla», e Allegri ce l’ha. Ma si distingue anche per il modo che ha di divulgarla, poiché, come un vero jazzista, improvvisa col corpo e con la voce, ballando su e giù per il palco e variando il proprio tono mentre parla, quasi come se stesse suonando la sua voce, alla stregua di una tromba che ogni tanto emette acuti fortissimi e altre volte scende le scale e arriva a donare delle note scure, serie, quasi malinconiche. Così è il racconto di Allegri, che per due ore tiene ancorata la platea alla poltrona: vario, si potrebbe ossimoricamente definire come una studiata e curata improvvisazione musicale.
Per un discorso così sfaccettato, non occorre una scena ghermita, infatti ad accompagnare il lungo monologo dell’attore c’è una scenografia semplice, minimale: un lungo telo che fa da fondale e un piccolo pianoforte appeso. Eppure, è più che sufficiente. Allegri regala, aiutandosi con delle luci colorate, delle immagini estremamente suggestive muovendo il telo come se stesse ricreando ogni volta situazioni diverse. Permette così di immaginare un mare in burrasca colorato di giallo, un pianoforte che vaga per la stanza su un mare in tempesta con uno sfondo blu e dona persino la sensazione della paura, quando Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento prova, per la prima e unica volta, a mettere piede fuori dalla nave e fallisce, mostrando il lato più vero dell’animo umano: Novecento in quel momento cresce e comprende che non tutte le paure sono superabili, alcune bisogna solo accettarle. Il testo di Baricco fa riflettere: spesso l’uomo ha bisogno di certezze e questo si manifesta nel protagonista con una necessità di elementi finiti, delimitati, di cui può conoscere con precisione inizio e fine. La nave è uno spazio chiuso, così come il pianoforte ha una sequenza chiusa.
Quello che colpisce è la duplice attualità di Novecento di Baricco: da un lato il testo non risente minimamente della sua maggiore età, avendo un linguaggio e una storia senza tempo che gli consente di mantenere sempre la sua piacevole freschezza. In secondo luogo, l’attualità riguarda anche le tematiche: nonostante le tocchi in maniera velata, questioni di forte contemporaneità come le migrazioni e i viaggi transcontinentali sono alla base dell’ambientazione all’interno di una nave della prima metà del ‘900. Le prime righe del monologo sono riferite proprio alla gioia di chi per primo, durante ognuno dei viaggi del Virginian, vede l’America dopo un lungo viaggio dal vecchio continente. La narrazione di Allegri si è conclusa dopo quasi due ore, lasciando un pubblico entusiasta che ha espresso il suo sincero apprezzamento per l’artista con minuti di applausi, confermando la capacità di questo spettacolo di far emozionare ancora ampliamente i suoi spettatori.
Jasmine Turani
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