L’autore che si apre al pubblico raccontando le sue passione con l’intento di trasmettere interesse ed entusiasmo. Questi sono gli “Album” di Corrado d’Elia che tornano al Teatro Libero per parlarci di Giorgio Strehler e dell’amore per il teatro.
Il titolo dello spettacolo è “Non chiamatemi maestro” come il libro pubblicato dall’editore Skira nel 2007 che raccoglie alcuni scritti del grande regista. Un uomo che non era un maestro nel senso di professore, ma un mastro di bottega che conosceva l’arte del teatro come pochi.
In vista dell’anteprima nazionale del 27 giugno, la redazione di MilanoTeatri.it ha intervistato l’autore Corrado d’Elia.
Perché hai scelto Strehler come punto di riferimento per uno spettacolo che ha il teatro come protagonista?
Giorgio Strehler è stato grande regista ed è ancora un esempio per molti colleghi. Quello che colpisce di lui è la passione, a volte anche irruenta, per il teatro che non è solo un mestiere ma diventa qualcosa di quotidiano, travolgente e consumante. Strehler è grondante di teatro e io con questo album vorrei raccontare la meraviglia, la bellezza e la fatica del fare teatro.
Quali sono gli argomenti cari a Strehler che stanno a cuore anche a Corrado d’Elia?
Strehler parla di una Milano diversa da quella di oggi, ma tratta temi che mi piacerebbe riproporre. È importante vedere come negli anni poco sia cambiato nel teatro. Non esiste ancora una legge per il teatro, siamo in una sorte di far west. Vorrei sottolineare la responsabilità politica e dell’intera società davanti al niente che viene fatto per il teatro.
Secondo te cosa penserebbe Strehler del teatro di oggi?
C’è una sua frase che dice: “Cosa si può dire di un uomo di teatro che è morto? Che era meglio fargli fare il teatro quando era vivo”. Oggi la situazione è deprimente, andiamo avanti grazie alla passione e alla professionalità.
Strehler è un punto di riferimento per molti giovani che si avvicinano al teatro. Ci sono altri maestri che consiglieresti?
Non sono così convinto che Strehler sia ancora un esempio. Si studiano le sue regie, ma quello che non è chiaro è il suo modello umano più di quello artistico. Anche Milano sta dimenticando Strehler, non basta dedicargli un teatro per ricordarlo. Milano è una città che fagocita tutto e dimentica in fretta, ha dimenticato anche Luchino Visconti. I maestri sono importanti, ma credo che i giovani d’oggi non ne abbiano principalmente per il fatto che non li conoscono, non parlo solo di Strehler, ma anche di gente come Carmelo Bene, Leo de Berardinis e Grotowsky. Viviamo in un’epoca priva di punti di riferimento, in una sorta di anoressia dell’anima.
Da direttore artistico del Teatro Libero che giudizio dai sulla stagione che sta per concludersi?
È stata una stagione lunga e viva che ha visto confrontarsi molte compagnie e che ha visto soprattutto una considerevole crescita di pubblico e di abbonati.
Puoi darci qualche anticipazione sulla prossima stagione?
È ancora presto, ma posso dire che ci sarà un prolungamento con una stagione estiva fatta di quattro o cinque spettacoli pensati per chi passerà l’estate a Milano. Biglietti a basso prezzo, aperitivo prima della messa in scena e aria condizionata in sala. Una bella iniziativa in una città che offre sempre poco tra luglio e agosto.
Ringraziamo Corrado d’Elia per la disponibilità e ricordiamo l’appuntamento con “Non chiamatemi maestro” dal 27 giugno al 15 luglio al Teatro Libero.
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