Al Teatro della Cooperativa, Massimiliano Loizzi, accompagnato dal gruppo musicale diretto da Giovanni Melucci, mette in scena un Giorgio Gaber reinterpretato, spezzando lo spettacolo tra le musiche famose e i preamboli cari al maestro. La reinterpretazione del cantautore italiano si rivela una buona idea drammaturgica. Non si tratta tanto di portare in scena la storia di Gaber, ma di lasciare che il contenuto delle sue canzoni, il suo personaggio, gli anni che rappresenta e l’idea politica che lo fa parlare portino con sé un messaggio attuale, riletto qui in modo personale da Loizzi.
A cominciare da una serie di episodi della vita privata dell’attore, si parla di omosessualità, di immigrazione e di straniero, di pregiudizio, dello scontro generazionale e della rivoluzione. E come cantò Gaber, è possibile parlare del Bel paese e del presente a partire dalle singole persone, dall’esperienza quotidiana.
Massimiliano Loizzi lo fa a modo suo, all’insegna dell’ironia e in nome dell’improvvisazione, che ottengono come risultato una platea mai stanca di ridere e di lasciarsi pungere. Non mancano nei monologhi dell’attore i riferimenti sessuali, la provocazione del pubblico, l’estro, l’irriverenza e la battuta amara sempre a portata di mano. Mettere in scena un mito come Giorgio Gaber non può che creare molte aspettative, ma in Io ed io Loizzi trova un buon equilibrio col Signor G mettendoci del suo e non eclissando la sua recitazione originale.
Tra una lunga chiacchierata e l’altra vengono cantate dallo stesso Loizzi e musicate da una vivacissima band le canzoni di Gaber, vera messa in scena del cantautore, l’unica possibile. Proprio nelle canzoni, riprodotte decisamente con bravura, sta tutto il messaggio di Gaber; un messaggio che non può limitarsi a rimanere scritto sui muri, ma merita di rivivere, anche attraverso nuovi interpreti e nuovi spettatori.
Chiara Musati
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