“In un duello di amore e odio, tra una canzone in playback struggente e una danza liberatoria, andrà in scena una girandola di madri e figlie, regine e reginette, amiche e alleate o perfide rivali.
Ogni travestimento affonda le sue radici nell’infanzia, nella stanza dei giochi dove per la prima volta abbiamo sperimentato la trasformazione in qualcosa di diverso, o abbiamo sognato di farlo…
Le Nina’s tornano ad indagare la radice del personaggio drag con le allieve del corso trimestrale in uno spettacolo-rivista più profondo di una seduta psicanalitica, più catartico di un rito psicomagico, più appassionante di una telenovela sudamericana.
Perché nel nostro cuore c’è una sola, vera drag queen: la nostra mamma.”
[dalla presentazione del Teatro Ringhiera]
Arduo è sicuramente per una scuola teatrale mettere in scena il fenomeno drag queen con le premesse di uno spettacolo sui rapporti tra madre e figlia en travestì. Arduo sicuramente perché per affrontare il fenomeno drag queen da questa prospettiva dovrebbe riuscire a portare con sé degli interrogativi e delle problematiche che non possono evidentemente esulare da un certo tipo di riflessione sul concept di base dell’essere reginetta travestita e arduo anche per la dose massiccia di implicazioni portate dal concetto intergenerazionale di travestimento drag che coinvolgerebbe -a matrioska, appunto- le figure più lontane della famiglia in un avvicendarsi di perché e per come, di desideri e di mancanze, di impulsi e di divertimenti.
Arduo, oltretutto, perché la scelta di un taglio alla situazione umoristico, che non dimentichi alcuna fascia di pubblico, potrebbe probabilmente finire per non arrivare a definire niente di quelle premesse in cui “ogni travestimento affonda le sue radici nell’infanzia, nella stanza dei giochi dove per la prima volta abbiamo sperimentato la trasformazione in qualcosa di diverso, o abbiamo sognato di farlo…” .
La compagnia di Nina’s Drag Queen, accompagnata dalle allieve del corso Madri e Figlie, porta a compimento queste premesse che vengono introdotte in una presentazione sulla figura della matrioska, la bambola di origine russa che porta con sé al suo interno le diverse generazioni della famiglia.
“Matrioske”, seppur lievitante tra un mezzo sorriso compiaciuto per alcune delle figure presentate, sembra non voler disdegnare nessuna parte di pubblico e, per far questo affonda in gag e playback certamente di ampio respiro e ampio spettro generazionale, dalla cover di “Creep” dei Radiohead alle vecchie canzoni di infanzia, con innesti video che vanno da “Kill Bill” a classici in bianco e nero.
Lo spettacolo rimane ad un impasse di qualche strizzatina d’occhio e qualche risata. Notevole, però, il cuore portato avanti dalla compagnia teatrale del Ringhiera che con uno spirito e una volontà di andare avanti per la loro strada che rimane comunque -soprattutto in tempi come questo- assolutamente encomiabile.
Francesca Curina
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