“Non correre” è qualcosa che si dice ai bambini, un ammonimento, un rimprovero. “Non correre che ti fai male, non correre, rischi di cadere”. Perché se ti metti a correre e non stai attento, c’è il rischio di perdere l’equilibrio, c’è il rischio di non vedere se arriva un’auto mentre attraversi la strada, c’è il rischio di farsi male. Se corri e non presti attenzione a quello che ti sta attorno, magari, rischi persino di morire.
E la morte appare per quello che è, stupida e ridicola.
Si parla di una piccola storia in cui le cose non sono andate come dovevano andare, fosse anche per un solo dettaglio: non c’era affatto da mettersi a correre. Bisognava stare fermi.
E allora uno muore così, stupidamente, casualmente, perché qualcuno avrebbe fatto meglio ad essere cauto, invece di scappare via veloce.
Il ridicolo della contraddizione, l’uomo che cade mentre si siede, perché la sedia non è lì dove dovrebbe essere, l’inciampo sui tacchi delle belle signore, il pagliaccio triste a cui cadono le braghe. Ridicolo è ciò che non corrisponde a una consecutio logica, il dogma del causa effetto che per qualche motivo non si attua: se sei vecchio muori, se ti ammali muori, se appartieni al lato cattivo, affamato e imbruttito del mondo, allora muori. E’ semplice, non è detto che sia giusto, ma è così, capita.
Si parla di logica, non di giustizia.
Ma se questo assioma non viene rispettato, allora, la morte diventa ridicola, basta nulla, una scivolata nella doccia, una tegola in testa mentre passeggi, il lato sbagliato della strada, un tempo e uno spazio attraversati per caso, o per sfortuna.
Ma cosa ce ne facciamo di una morte che perde di senso? Che non rispecchia più l’esattezza del cosmo e il volere della divinità? Che divinità è quella che ti fa morire strozzato da un boccone?
Una riflessione sulla morte e sul pensiero magico per cui essa dovrebbe colpire solo per “conseguenza logica”: si muore perché anziani, perché malati. La morte senza motivo invade gli incubi eppure pare lontana da noi: i buoni, i giusti. Ma se davvero non ci fosse senso? Se davvero la causalità non fosse altro che casualità? Due personaggi “subiscono” la morte ridicola dell’altro, del loro altro: l’altra metà del cielo, l’amore della vita, il presente condiviso che non avrà alcun futuro. Due monologhi intercettano riflessioni nel momento della perdita: una perdita inutile, assurda, sciocca.
Prima l’uno e poi l’altra raccontano lo stesso lutto: uguale per dinamica e fatti la morte appare depersonalizzata, è fatto a sé, viene oggettivata al di là del soggetto che la subisce. Cosa rimane di un evento tragico privato della sua tragicità se non qualcosa di immotivato e futile, vacuo e perciò ridicolo? Chiunque può essere così sfortunato da “lasciarci le penne”, qualcuno che si è trovato per caso in un tempo, in un luogo sbagliato, qualcuno che si è messo a correre e avrebbe fatto meglio a stare lì dove era…
Così la morte immotivata e stupida diventa motore del discorso, più della sua vittima.
E non c’è niente di sacro, niente di importante, niente per cui pregare.
Potrebbe essere triste e invece, c’è da morire dal ridere.
Un uomo e una donna mettono la morte al microscopio, per quanto terribile nemmeno il lutto può resistere a questa anamnesi. Nessuna tragedia sopravvive alla luce al neon di un tavolo autoptico.
NON CORRERE AMLETO
di Francesca Garolla
regia Renzo Martinelli
con Milutin Dapčevic e Elena Ghiaurov
DOVE? Teatro I
QUANDO? dal 23 settembre al 19 ottobre. Lunedì /giovedì / venerdì ore 21.00, mercoledì / sabato ore 19.30 / domenica ore 17.00
PREZZI: intero 18€, convenzionati 12€, under 26 11,50€, over 60 9€
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