Recensione: “Open”

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OPEN – L’INFINITO MATCH DI ANDRE’ AGASSI

Chiudo gli occhi e smetto di opporre resistenza.

Con queste parole si chiude lo spettacolo Open, in scena a Linguaggicreativi fino a domenica 22 ottobre. Tratto dall’autobiografia del tennista André Agassi, autentico caso editoriale alcuni anni fa.

Chiudo gli occhi e smetto di opporre resistenza.

Una frase che rende benissimo il tormento interiore vissuto da uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi, uno dei pochi (solo otto) ad aver vinto tutti e quattro i tornei del Grande Slam e unico nella storia ad aver vinto, oltre ai quattro tornei principali, anche le finali ATP, i Giochi Olimpici e la Coppa Davis. Numero 1 del mondo per più di cento settimane, adorato in tutto il mondo, ricco e inseguito dalle ragazzine. Un predestinato. Un uomo felice e realizzato, si direbbe. Eppure…

Io odio il tennis. Fa’ che finisca presto.

E’ questo il pensiero che ha accompagnato ogni singolo istante della vita di André, immediatamente seguito da “Non voglio smettere”. Una sorpresa per tutti i suoi fan, un’agonia per Agassi, obbligato da un padre violento a diventare non solo un tennista, ma il più grande tennista di sempre. Allenamenti crudeli, simili a torture, negazione di una normale vita da bambino, pressione psicologica costante, aggressività fisica e verbale che diventano parte del DNA del giovane André, il quale, suo malgrado, interiorizza il padre in sé fino al paradosso.

Io odio il tennis. Fa’ che finisca presto. Non voglio smettere.

Mattia Fabris sceglie di raccontarci una storia magnifica e inquietante, potente come il rovescio a due mani di Agassi e dolorosa come quella schiena martoriata da una malformazione genetica che impedisce ad André anche solo di dormire su un normale materasso o di compiere gesti elementari come lavarsi i capelli. Lunghe e dolorose procedure per alzarsi alla mattina e punture di cortisone, con aghi da 18 centimetri, quando il dolore diventava insostenibile.

Fa’ che finisca presto. Non voglio smettere.

Fabris si tuffa a piene mani nella debole psiche di Agassi, inseguendolo sui campi da tennis della prima infanzia, accompagnandolo nella prima, temutissima sconfitta, arrivata nelle categorie juniores grazie ad una scorrettezza del giovane Jeff Tarango, il quale a sua volta sarebbe poi diventato un professionista, sebbene di mediocre livello. Quel giorno Agassi scopre di essere “fallibile”, lui che fino a quel momento non aveva mai perso un incontro.

La paura delle reazioni del padre, l’odio profondo per quel completo da tennis che il genitore gli faceva trovare sempre pronto, le battaglie contro una macchina infernale chiamata “il drago”, costruita apposta per lui dal padre per spingerlo oltre i limiti di un normale bambino, la privazione del suo amato gioco del calcio, l’insopportabile dolore alla schiena. Tutto rivive nelle parole e nel corpo di Fabris e nell’azzeccatissima chitarra elettrica di Massimo Betti, che aggiunge ulteriore emozione a questa storia epica e senza respiro, combattuta colpo su colpo da Fabris su un palcoscenico che diventa campo da tennis, dolore dopo dolore, punto dopo punto fino a quell’ultima, incredibile vittoria contro il cipriota Baghdatis, astro rimasto sempre e solo nascente del tennis degli anni duemila. Un match infinito, una schiena ormai sopraffatta dal dolore e l’epilogo dolentissimo sopra ad un lettino di un’infermeria, stringendo la mano del rivale Baghdatis, mentre un televisore immaginario ripropone ad André gli highlights della sua vita e finalmente, dopo 36 anni di tormento, arriva la catarsi, celata in quella frase meravigliosa e commovente.

Chiudo gli occhi e smetto di opporre resistenza.

Da non perdere!

Massimiliano Coralli

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