Recensione: “Rosmersholm”

Rosmersholm

ROSMERSHOLM, L’ABISSO DELLA VERITÀ

Se passeggiando per le strade di Milano o prendendo la metropolitana incontrate una donna e un uomo in lugubri abiti ottocenteschi, si tratta degli attori Federica Fracassi e Luca Micheletti che vogliono invitarvi allo spettacolo “Rosmersholm” in scena presso il Teatro Parenti fino a domenica 11 febbraio.

Il dramma in questione è uno dei testi più angoscianti di Henrik Ibsen, il grande drammaturgo norvegese che in quest’opera del 1886 racconta la tragedia di casa Rosmer. L’ultimo discendente della famiglia, il pastore protestante Johannes Rosmer ha rinunciato alla missione sacerdotale dopo il suicidio della moglie Beata. Nel frattempo, è nato in lui l’amore, ricambiato, per la governante Rebecca West ma quando forse, finalmente, possono godere entrambi della felicità, avviene la terribile confessione della donna. I due amanti, afflitti dai sensi di colpa e dagli incubi, si tormentano in “un duello di anime senza esclusione di colpi” che condurrà a una catarsi estrema.

Gli ingredienti della storia sono quelli tipici in Ibsen: la decadenza dei valori, il contrasto tra rigidi princìpi etici e lo slancio vitale, la menzogna e il desiderio di verità, il profondo turbamento dei protagonisti… Questi elementi sono qui ulteriormente esasperati, evocando un’atmosfera horror con atroci incubi e fantasmi, o allucinazioni. Avviluppati dall’oscurità, dal fumo delle candele e delle lampade a petrolio, dall’odore intenso dei fiori appassiti sparsi per terra, i personaggi ci trascinano in una camera mortuaria che presto si trasforma in una straziante seduta psicanalitica con domande, accuse, rivelazioni, silenzi, mulinelli di parole e scambi di persona. Gli stessi psicanalisti Freud e Groddeck esaminarono e approfondirono questa vicenda, concentrandosi in particolar modo sulla figura di Rebecca, lacerata dalle passioni, vittima e carnefice.

Consapevoli dei molteplici livelli di lettura e interpretazione che offre la storia, Luca Micheletti e Federica Fracassi hanno svolto un’impegnativa prova di recitazione affrontata con un accurato studio preparatorio. Ad esempio, Fracassi ha persino organizzato un viaggio in Norvegia per visitare personalmente gli ambienti, i paesaggi, i panorami che non fanno solo da sfondo, ma si riflettono con le loro caratteristiche nei personaggi ibseniani. Le modulazioni vocali, le fisicità sofferte, la notevole carica espressiva ed emotiva hanno richiesto molta energia ai due attori, che sono al contempo gli ideatori di questo progetto nell’ambito del Percorso su Ibsen ospitato dal Teatro Parenti (la prossima tappa sarà “Peer Gynt (Suite)” ad aprile).

Partendo da una riduzione di Massimo Castri del 1980 (la pièce si concentra sui due protagonisti), Luca Micheletti oltre che recitare guida la regia della messinscena, creando uno spazio molto suggestivo in cui sfrutta diverse direzioni e altezze per continue variazioni di movimento e atmosfera, disponendo il pubblico intorno al palco/ring dove i due attori utilizzano due lunghi tavoli (tavoli, bare, lettini psichiatrici) e pochi altri, essenziali, oggetti scenici. Le musiche di Henry Cow, Jeff Greike ed Emmerich Kalman curate da Nicola Ragni e le luci firmate da Fabrizio Ballini (chiaroscuri, controluce, oscurità, luci abbacinanti, lo scintillio dei prismi dei lampadari che dondolano come fantasmi e dell’icona dorata che incombe in cima alla scalinata, ricordando la defunta Beata e i relativi sensi di colpa) sostengono l’idea registica di un’inquietante e macabra indagine/confessione in cui la ricerca della verità porta a pericolose e nefaste scoperte, annunciate dall’apparizione di due cavalli bianchi al galoppo, considerati da leggende locali presagio di morte.

Il pubblico applaude entusiasta, sebbene certi passaggi siano forse un po’ oscuri a causa della complessità della rappresentazione. È evidente, invece, il tenore tragico e ineluttabile della vicenda, che attraverso flashback ripercorre le disgrazie dei personaggi, condannati a precipitare in un abisso a causa dei loro irresolubili dissidi interiori. “Io volevo prender parte al movimento dei tempi. Vivere nello spirito delle nuove idee…” dichiara Rosmer, come potrebbe dirlo qualcuno di noi, ma la psiche si rivela troppo profonda e insidiosa, le anime degli amanti non riescono a ricomporsi e trovare pace, sommersi e invischiati dalle turbe dell’inconscio… alla fine, vincono gli spettri.

Marzorati

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