Recensione: “Stanlio e Ollio, amici fino all’ultima risata”

Bentornati Stanlio e Ollio! Tra musica e storie spassose, il duo rivive e fa ridere ancora

“Una commedia musicale senza cervello”. Così si legge in alto alla locandina, appena sopra il titolone dorato di “Stanlio e Ollio“. Questa dicitura si respira tutta e rende lo show, particolarmente bello e pieno di verve. Si perché gli spettacoli dove c’è troppo cervello, risultano, spesso, alla lunga, quasi soporiferi. Qui si ride e non si ragiona. Si evade, senza star li’ poi troppo a pensare. Del resto solo l’intelligenza nella sua accezione più ampia di intuslegere, leggere dentro, sa mettere il bavaglio alle sinapsi per dare la stura alla ridarola autentica. L’idea, nata da Federico Perrotta e prodotta da Valentina Olla, mostrata la scorsa estate, all’interno del Festival teatrale di Borgo Verezzi nel savonese, dove ha debuttato, con un factotum come Claudio Insegno, regista ed attore, riesce e bene a realizzare questo pastiche, dove è tanto il divertissement e molto l’insegnamento. Insegno, in fondo, omen nomen…

Il duo più comico e pionieristico della storia, fortemente voluti in Vaticano nel 1950 da papa Pio XII, che ne andava pazzo, al netto della pronunciata bigamia dei due ( Stan Laurel nella vita privata aveva contratto sette matrimoni di cui addirittura tre con la stessa moglie, Oliver Hardy, piu’ morigerato, si era fermato a tre nozze, attrazione fatale per il gentil sesso spassosamente riproposta in questa pièce) tornano a far ridere al teatro san Babila a Milano, nell’ambito della rassegna Codice Teatro  ed a far ricordare, come ci hanno fatto ridere. Fino a prova contraria,  i demiurghi della risata, senza se e senza ma, sono e resteranno loro. Una risata sana e spontanea, non artificiosa, non volgare, cliché, quasi obbligato, del ridere contemporaneo. Con poco materiale, tanto divertimento. Si, a quei due, Criche e Croc, come inizialmente venivano apostrofati in Italia, bastava poco perche’,il resto, ce lo mettevano e lo donavano loro stessi.

Federico Perrotta è Ollio, che con Insegno, Stanlio,  da ‘ vita ad episodi veri del duo, più volte, nella filmografia statunitense sulla polvere e più volte sull’altare. Elastici, i due, a prendere, sotto braccio, anche alcuni accadimenti fantasiosi del duo. Il minimo comun denominatore? Un’amicizia robustosa et forte, come il sole nel Cantico delle Creature di San Francesco d’Assisi, capace di andare al di la’ dei successi e dei fallimenti artistici. Una tavola rotonda delle continue farse del duo, che non ha vissuto un solo secondo, senza essere veramente serio, sul palco, come nella vita. È e proprio questo che fuoriesce dallo spettacolo e che, oltre ad alcuni classici slapstick, le proverbiali bastonate comiche e carattere distintivo di molte gag del duo, viene consegnato al pubblico: il dietro le quinte di Stanlio e Babe, il nomignolo di Ollio, quel mondo incredibile della loro vita credibile e a tratti penosa. Stanlio e Ollio poco, o per niente conosciuti, ai più. Non sono soli Insegno e Perrotta. Con loro Valentina Olla, Sabrina Pellegrino (autrice con Insegno dell’opera) Franco Mannella, Giacomo Rasetti e Federica De Riggi. Sette attori che inscenano 38 personaggi, una piccola boutique della grande risata. Colori forti, impatto accattivante, grazie ai costumi di Graziella Pera ed alle scene di Alessandro Chiti. Coreografie a firma Fabrizio Angelini. Le musiche, sono di Claudio Jr Bielli. Alla fotografia Alessandro Rabboni. Il progetto audio è affidato ad Alessandro Acquaroli. Disegno luci di Marco Laudando. La grafica risponde al nome del MDesign Studio. L’aiuto regia, dulcis in fundo, è di Step Minotti. Una produzione TSA teatro stabile d’Abruzzo in collaborazione con UAO spettacoli

Dopo il film dal retrogusto melanconico, la pellicola Stanlio & Ollio del 2018, ci voleva questo ritorno a bomba di Stanlio ed Ollio, veri e propri. Puri, gli inventore della risata, che non riesce a smettere e non vuole minimamente imboccare la via della seriosita’. E nemmeno quella di una riflessione, melodrammatica, sulla risata. 100 minuti da trangugiare, rigorosamente senza cervello, a mo’ di simpatico chupito dell’allegria, con quel retrogusto esistenziale che non nuoce.

Luca Savarese

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