Recensione: “Vieux Carré”

vieux carrè
Foto Laila Pozzo

Presso il Teatro dei Filodrammatici va in scena, fino al 24 ottobre, l’opera autobiografica di Tennessee Williams: Vieux Carré. Uno spettacolo capace di creare un parallelo tra il ricordo giovanile dell’autore ed i giovani attori, neo diplomati all’Accademia dei Filodrammatici, che fanno vivere la sua storia. Quel momento della vita di un artista all’inizio di un percorso che sa essere giusto, ma che non sa dove lo porterà. Quando insieme al tuo talento inizi a scoprire chi sei e cosa vuoi.

La trama si dirama all’interno della pensione del quartiere Vieux Carré, dove l’autore ha mosso i suoi primi passi. Un non luogo dove tutti, compresa la padrona dell’ostello, vivono come fantasmi decaduti, che portano con sé storie di vita e umanità tradita, desiderio di riscatto e fallimento.
Il legame che nasce tra gli abitanti della pensione, è quello di una vera e propria famiglia. Dal testo si evince l’affetto dell’autore per uomini e donne scomparsi dalla storia come fumo nel vento, che hanno segnato profondamente la sua opera.
Lo spettacolo è arricchito da altri due racconti tratti dalla raccolta “I Blues” di Williams: Ritratto di Madonna e Proibito.

La costruzione della messa in scena è seguita da professionisti affermati come Arturo Cirillo (regia), Erika Carretta (scene e costumi) e Fabrizio Visconti (disegno luci). Insieme hanno costruito un impianto scenico concreto e molto efficace, che sa mettere alla prova i giovani attori, che riescono a restituire una interpretazione profonda e accurata. L’aspetto della povertà e del vivere all’ombra di un mondo che, i loro personaggi, bramano e non possono avere.

Un’apertura di stagione che punta lo sguardo verso la luce in fondo al tunnel, per andare oltre un presente faticoso e imprevedibile, dove i nuovi talenti possano, come per Tennessee Williams, trovare la strada per raggiungere il proprio sogno.

Michele Ciardulli

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