Il Deserto dei Tartari come lo avete letto

Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, in scena al Teatro Menotti, per la regia di Paolo Valerio, è intatto per come lo si può ricordare.
I tempi della narrazione sono calibrati con metodica perizia, come i movimenti registici, guidati dalle illustrazioni dello stesso Buzzati: Valerio gioca proiettandoli sullo sfondo, o meglio, sui due sfondi, quello naturale del palco e un altro che porta gli attori al limite del proscenio. Nello spazio così creato il tenente Drogo trova veramente lo spazio per rivivere, merito anche della splendida musica dal vivo, accompagnata dalla voce, come di sirena, di Marina La Placa.

Il quadro che ne risulta è coeso e senza fronzoli, di commovente bellezza. Oltre a La Placa, ora anche la Maria innamorata di Giovanni, il resto il cast è completamente al maschile, gli attori (Aldo Gentileschi, Alessandro Dinuzzi, Emanuele Fortunati, Marco Morellini, Paolo Valerio, Roberto Petruzzelli, Simone Faloppa, Stefano Scandaletti) attecchiscono al testo con animazione e trasporto; ciascuno, a turno, è Giovanni Drogo, ogni volto è una fase della sua vita, tra la città e la Fortezza Bastiani: un grado in più sulla giubba, un amore dimenticato, la ripetizione dell’identico. E identica rimane la speranza, una speranza ineludibile e perfetta come il fallimento, perfetta come la distesa del deserto dei Tartari mai affrontati. E insieme a questi attori narratori – che si sia letto il romanzo da adolescenti, da adulti, o che si vada a teatro per scoprirne la trama – siamo tutti noi simili a Giovanni Drogo, con gli occhi bramosi e stanchi, piantati ostinatamente sull’orizzonte.

Arianna Lomolino

Be the first to comment

Leave a Reply

Your email address will not be published.


*