
Per il quinto anno consecutivo la redazione di MilanoTeatri si trova a scegliere i migliori spettacoli andati in scena. Non una votazione, ma semplicemente un elenco delle opere che ci hanno trasmesso qualcosa e che secondo noi meritano di essere ricordate, sempre sottolineando che assistere a tutte le produzioni milanesi è ovviamente impossibile. Ogni membro della redazione di MilanoTeatri ha scelto i suoi spettacoli, ecco cosa ne è venuto fuori.
Ivan Filannino ha scelto
LA CLASSE OPERAIA VA IN PARADISO (di Paolo Di Paolo, regia Claudio Longhi)
A quasi 50 anni dall’uscita al cinema, “La classe operaia va in paradiso” riesce ad essere nuovamente attuale anche a teatro grazie al preciso lavoro di adattamento e scrittura fatto da Paolo Di Paolo e diretto da Claudio Longhi. Grande protagonista Lino Guanciale, capitano di un ottimo cast che si destreggia tra passato e presente riportando alla luce questioni mai dimenticate, ma spesso nascoste sotto il tappeto.
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MALAGRAZIA (di Michelangelo Zeno, regia Giuseppe Isgrò. Phoebe Zeitgeist)
Due fratelli soli in un bunker su un’isola. Questi gli elementi da cui inizia l’avvincente crescendo di tensione che viviamo in “Malagrazia” della compagnia Phoebe Zeitgeist. Scritto da Michelangelo Zeno e diretto da Giuseppe Isgrò, lo spettacolo fluttua tra realtà e fantasia, impreziosito dalla splendida interpretazione di Daniele Fedeli e Edoardo Barbone. Un viaggio sulle montagne russe che lascia frastornati e travolti da nuovi stimoli.
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ISABEL GREEN (di Emanuele Aldrovandi, regia Serena Sinigaglia. Atir)
Un’eccellente Maria Pilar Perez Aspa, diretta da Serena Sinigaglia, dà voce al testo di Emanuele Aldrovandi ricco di humor nero e colpi di scena. Isabel Green è un’attrice colpita da una crisi di nervi proprio mentre sta ritirando il premio Oscar, una Venere sul palco, schiacciata da un mondo che le ha puntato addosso i riflettori macellando momenti fondamentali della sua vita. Ma il testo di Aldrovandi non è una semplice accusa al mondo dello spettacolo, bensì un monito a una società in cui far credere che sia giusto è meglio che obbligare.
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FIGURINI (di Marco Continanza e Davide Marranchelli)
Spettacolo che da anni ormai fa visita ai teatri di tutta Italia e che sarebbe riduttivo definire “Per ragazzi”. Figurini è un’esaltazione al romantico e un ritorno al dolce stil novo. Una ricerca di valori presentata grazie alle storie di personaggi che hanno fatto la storia del calcio e non solo. Merito di Marco Continanza e Davide Marranchelli che prendono per mano il pubblico e lo trasportano in un viaggio senza tempo, divertente ed emozionante.
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Massimiliano Coralli ha scelto
PPP ULTIMO INVENTARIO PRIMA DI LIQUIDAZIONE (di Ricci/Forte)
L’opera che consacra Ricci e Forte come autori di riferimento del panorama italiano e non solo. Pier Paolo Pasolini rivive sul palcoscenico attraverso una scrittura complessa, densa di poesia, filosofia, riflessioni sulla nostra nazione e sulla necessità dell’arte. In scena, un meraviglioso gruppo di attori ricostruisce con precisione miliimetrica e incredibile preparazione atletica, un percorso di morte in continua evoluzione e mai fine a se stesso.
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NACHLASS (ideazione di Rimini Protokoll)
La ricerca dei Rimini Protokoll compie un passo decisivo verso la definitiva consacrazione con questo non – spettacolo privo di attori. Otto stanze, otto timer da otto minuti per raccontare il senso della parola “lascito” (Nachlass, appunto), inquadrato attraverso otto differenti vite, otto differenti età, otto differenti punti di vista. Meravigliosa ricostruzione scenografica, incantevole uso dei più evoluti strumenti tecnologici.
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BIRDIE (Agrupacion Senor Serrano, ideazione di Àlex Serrano, Pau Palacios, Ferran Dordal)
Un viaggio ipnotico dentro una fotografia, un utilizzo magistrale delle più sorprendenti tecnologie utile a svelare le contraddizioni del mondo occidentale, qui racchiuso in quel frammento africano d’Europa che è la città di Melilla. Uno spettacolo a strati sul quale si potrebbe tranquillamente scrivere un’intera tesi di laurea.
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ODISSEA (scritto, diretto e interpretato da Mario Perrotta)
Un viaggio ancestrale alla ricerca di un padre e alla ricerca di sé. Cabaret e narrazione epica, tradizione popolare e vette liriche. Una scrittura felicissima che strazia e commuove, diverte e incanta in una delle migliori prove d’attore viste quest’anno
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Danilo Caravà ha scelto
CITA A CIEGAS (di Mario Diament, regia Andrée Ruth Shammah)
Perché si può incontrare Omero su una panchina di Buenos Aires dei piccoli eroi just for one day.
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MUNCH (scritto, diretto e interpretato da Corrado Accordino)
Perché l’urlo dell’anima disegna immagini vocali che riempiono di tragico incanto la tela dello spettacolo.
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LE COSMICOMICHE/LA BOTTEGA DEL PENSIERO (di Italo Calvino e Dino Buzzati, regia di Lorenzo Loris)
Perché la parola del racconto si fa carne e teatro con una naturalità estrema.
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Chiara Musati ha scelto
IO NON SONO UN GABBIANO (ideazione e regia di Stefano Cordella, Compagnia Oyes)
La rilettura di uno dei re dei classici teatrali avviene attraverso un modo nuovo di esprimere i contenuti, alla ricerca di una nuova identità drammaturgica. Vengono intrecciate più dinamiche in equilibrio tra loro, alla scoperta di una risposta a un’esigenza interpretativa e linguistica nuova, che tenta di imparare dal vecchio per dare una spinta al nuovo.
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ERODIAS (di Giovanni Testori, regia Renzo Martinelli, con Federica Fracassi)
Al grido di Jokanaan, l’Erodiade testoriana spodestata e dilaniata dall’amore, disorientata sul confine dei suoi interrogativi, dà sfogo con dirompenza alla sua storia. L’eco così lunga di questa storia riprende vita con provocatoria fisicità e sorprendente verve drammaturgica, ereditando il linguaggio maccheronico testoriano aggiungendoci del proprio. Un classico che merita di essere conosciuto in questa variante, visto e rivisto ogni volta che se ne ha l’occasione.
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DITTICO DELLA CADUTA (di Lorena Senestro, Teatro della Caduta)
Lorena Senestro racconta le storie di due famosi personaggi femminili della scena letteraria e poetica: Madame Bovary e la Signorina Felicita, protagoniste delle opere rispettivamente di Flaubert e Guido Gozzano. Parole chiave: belle storie, attrice con energia vulcanica, interessante esperimento linguistico e espressivo. Una piacevole sorpresa e una buona idea per conoscere il teatro fuori Milano.
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Giuseppe Pipino ha scelto
L’AVVOLTOIO (regia Cèsar Brie, di Anna Rita Signore)
Uno spettacolo necessario e capace di essere teatro di cronaca e non mera esposizione di fatti. Dall’utilizzo delle luci alla partitura musicale e vocale dei personaggi, oltre che a quella fisica molto ben studiata, l’opera riesce a bilanciare l’impatto emotivo e quello informazionale, provocando nello spettatore meraviglia e indignazione, come deve accadere quanto il teatro incontra la politica, la società e la cronaca.
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SOCRATE IL SOPRAVVISSUTO/COME LE FOGLIE (da Antonio Scurati, regia Simone Derai, Anagoor)
Gli Anagoor riescono a fondere tragedia classica e tragedia contemporanea, quotidianità e mito in maniera tanto forte quanto accattivante e destabilizzante, mettendo lo spettatore nella condizione di riflettere prima di esprimere qualsiasi tipo di giudizio, che sia meramente estetico o di contenuto. Spettacolo che omaggia il potenziale estetico dell’essenzialità affiancandola ad una ricerca teatrale tra le più innovative e penetranti del panorama italiano.
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XY (da un’idea di Emiliano Brioschi)
lo spettacolo è costruito sulle fondamenta di 3 testi meravigliosi, essenziali e capaci di cogliere il cuore delle questioni, senza puntare ai massimi sistemi ma affrontando il tema della paternità in maniera estremamente profonda e sincera. La verità qui sta nel dubbio, nell’incapacità, nell’incertezza, nella colpa, nell’assoluta umanità che spesso vediamo snaturata o esasperata sul palco. Mentre Brioschi riesce, in modo elegante e fluido, a mostrarci la delicatezza e la fragilità dell’uomo (in questo caso padre) facendosi corpo e voce di personaggi e storie meravigliosamente ( e drammaticamente) universali.
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Jasmine Turani ha scelto
IL CIELO NON E’ UN FONDALE (di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini)
Uno stream of consciousness contemporaneo, un misto di astratto e concreto ben bilanciato grazie alla recitazione di quattro attori dalla forte presenza scenica che hanno introdotto il quotidiano nell’onirico con una leggerezza fiabesca, pur trattando con cinismo argomenti tutt’altro che semplici.
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MEDEA (di Euripide, regia Luca Ronconi ripresa da Daniele Salvo)
Dal riallestimento filologico della regia di Luca Ronconi riemerge l’anima di una Medea maschile, che non è né donna innamorata, né madre, né femminista, bensì una maschera impenetrabile, ricolma d’odio e portatrice di tradizioni lontane che si scontrano con la nuova realtà in cui è immersa e a cui non vuole arrendersi, né tantomeno sottostare.
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BANDIERINE AL VENTO (di Philipp Löhle, regia Toni Cafiero. Evoè!Teatro)
Bandierine al vento ci fa sentire stretti nei nostri vestiti più comodi. Ci confonde, ci fa dubitare di noi stessi e ci mette alla prova. Siamo davvero felici del nostro lavoro, della nostra famiglia, ma soprattutto del nostro stato sociale? Abbiamo modo di uscirne, qualora ne fossimo stufi? Resta il dubbio che forse, della nostra vita, noi non abbiamo scelto proprio nulla.
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Dario Del Vecchio ha scelto
L5-S1 (di Michela Tilli e Alessia Vicardi, regia Chiara Petruzzelli, Alessia Vicardi.)
Da segnalare la perfetta musicalità della drammaturgia, perfetta nel mescolare ironia e crudezza, nel racconto di una protagonista afflitta da un male genetico degenerativo. Una sinfonia che si compone di allegri e adagi, di pianissimi e di fortissimi. La moltitudine di linguaggi musicali (dal vivo) e performativi impiegati nell’arco della rappresentazione e la presenza di riferimenti culturali capaci di parlare veramente a chiunque, consegnano allo spettatore una prova d’attrice formidabile ad opera di Alessia Vicardi, capace di stare in scena a suonare Mozart, un attimo prima di passare ad una partitura fisica che sfiora la danza verticale.
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I PROMESSI SPOSI ALLA PROVA (di Giovanni Testori, regia Ivonne Capece, Walter Cerrotta)
Va detto che questo lavoro di (S)Blocco5 è un inno meraviglioso alla pratica teatrale e al lavoro dell’attore. Un atto d’amore nei confronti della più bella della sofferenze, se si guarda nella cerchia di quelle che si può scegliere di auto infliggersi. Ciò detto, chiaramente, con la dovuta leggerezza. Va detto che questa messa in scena di Testori è frutto del lavoro di una compagnia giovane e indipendente, ma conscia perfettamente del fatto che ogni processo creativo rappresenta una storia d’amore, con tutte le fasi alte e basse che questa può contenere.
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Francesca Tall ha scelto
PUEBLO (di e con Ascanio Celestini)
Per la straordinaria capacità di raccontare storie popolari ma in maniera tutt’altro che banale. Per lo scorcio intravisto di un Celestini persona oltre che personaggio.
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(S)LEGATI (di e con Jacopo Bicocchi e Mattia Fabris)
Per la grande capacità di coinvolgere il pubblico fino a fargli credere davvero di essere lì dove accade la vicenda.
Per l’immensa passione che si legge negli occhi degli attori nel raccontare la vicenda.
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CYRANO SULLA LUNA (di Luca Chieregato, regia Luca Chieregato e Pietro Del Pascalis)
Per la sua poesia. Per la capacità di far sognare ma anche riflettere sulle proprie paure.
Per la capacità eclettica del protagonista e per la bravura dell’autore nel portare lo stile dei cantastorie da strada su un convenzionale palcoscenico.
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Alessandra Pace ha scelto
MATER CERTA (di Michele Ruol, regia Lorenzo Maragoni)
Perché nuove drammaturgie così ben scritte ce ne sono poche, perché ha saputo conciliare il classico della tragedia con la contemporaneità di un tema delicato com’è delicata la maternità, perché fa ridere (!!) della tragedia umana di cui sopra, perché la regia pulita e senza orpelli ha saputo far emergere l’efficacia attoriale.
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LINGUA DI CANE (di Giuseppe Cutino, regia Sabrina Petyx)
Perché ha saputo portare in scena la cronaca, gli sbarchi sulle coste e i migranti senza sbrodolare allo spettatore la solita lezioncina morale, per la visionarietà della regia e la carica poetica del testo, per l’orchestrazione degli attori e l’uso dei loro corpi come unico corpo in funzione della scena.
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Francesca Parravicini ha scelto
DI A DA IN CON SU PER TRA FRA SHAKESPEARE (scritto e diretto da Serena Sinigaglia, ATIR)
uno spettacolo geniale e differente da ciò che si trova in giro. In due ore Serena Sinigaglia ha ripercorso la sua “tormentata storia d’amore” con il bardo, proponendo la sua visione della poetica shakespeariana. Penso meriti di essere visto perchè oltre che ad essere ben eseguito è davvero d’ispirazione.
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UNA RAGAZZA LASCIATA A META’ (di Eimar McBride, diretto e interpretato da Elena Arvigo)
intenso, emozionante e struggente dal primo momento all’ultimo. Il testo é di una potenza disarmante perchè sbatte in faccia senza filtri la storia di una donna distrutta. Elena Arvigo ha dato il meglio di sè in questo spettacolo e meriterebbe proprio di essere considerato tra i migliori dell’anno.
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Vitia D’Eva ha scelto
GEOGRAFIE DELL’ISTANTE/PRIMITIVA (di Manfredi Perego)
Da Focus Danza – al Teatro Libero – una menzione a Manfredi Perego che con “Geografie dell’istante” ha dato vita per le due danzatrici – Chiara Montalbano e Silvia Oteri – a variazioni di sequenze asimmetriche inaspettate e sorprendenti, rigorose e fuori dai canoni.
In “Primitiva” i suoi gesti minimali reinviano ad una logica strutturale arcaica-archetipica creando una relazione intima di valente recupero mnemotico ancestrale; situazioni emozionali in estinzione.
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SAPIENSSAPIENSSAPIENS/P2P/TWIN
Da FOG – alla Fabbrica del Vapore – l’interessante trilogia: “SapiensSapiensSapiens” – “P2P” – “Twin” per la menzione alle sei giovani coreografe che nell’insieme aprono quel qualcosa di qualche cosa che probabilmente tra idee nuove e tecnologia potrebbe evolvere e concretizzare un’ulteriore consapevolezza dell’essere e del fare danza ricreando dislocazioni spazio temporali; disorientando il piano del reale e ribaltandone l’apparente realtà.
Danzatrici coreografe: Flora Orciari, Francesca Siracusa, Loredana Tarnovshi – Greta Cisternino, Barbara Novati – Luna Cenere.
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Beatrice Marzorati ha scelto
UTOYA (di Edoardo Erba, regia Serena Sinigaglia. Atir)
L’interpretazione magistrale dei due attori Fabris e Scommegna al servizio di una storia scomoda che vorremmo dimenticare, tagliente, a pezzi come i tronchi mozzati e confusa come la nebbia che di propaga sulla scena, sempre più inquietantemente attuale.
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Michele Ciardulli ha scelto
BRUNO (compagnia Dimitri/Canessa)
uno spettacolo magico che sa mescolare le più recenti tecniche performative con l’esperienza dell’arte teatrale più classica riuscendo, in soli sessanta minuti, a generare un ricordo indelebile e una sana voglia di conoscere l’opera di Bruno Schultz.
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Alessandra Cutillo ha scelto
PANORAMA (Motus)
Panorama, ultima produzione di Motus, è una ricerca che coinvolge storie diasporiche dettate da scelte artistiche. Nessun storytelling ma persone. È un melting pot di diaspore disseminate a New York. La New York di oggi, quella di ieri, poco conta. Importa la dimensione del potere, delle leggi innaturali eppure umane che tentano un controllo sul movimento dell’umano. Panorama è tutto. È libertà e Trump potatoes, miseria e privilegio, essere parte e sempre estranei, stranieri di una terra, a patto di averne consapevolezza.
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Valentina Dall’Ara ha scelto
MALEDETTA METROPOLI (di Fabio Modesti)
Una tragicommedia irriverente che mette in luce senza mezzi termini le piaghe della società. Fabio Modesti ha una scrittura lucida, affilatissima e fuori dagli schemi, così come lo è la messa in scena che riesce ad essere innovativa nella tradizione dei burattini.
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Roberto De Marchi ha scelto
MAMMA A CARICO (di e con Gianna Coletti, regia Gabriele Scotti)
Invecchiare è una valida alternativa alla morte. Ma mentre siamo abituati a sentirci raccontare storie sulla seconda della prima raramente si sente parlare. La vecchiaia è un tema complesso in tutte le sue declinazioni; sia che riguardi il nostro personale rapporto con il divenire sia che ci veda testimoni della senescenza di un congiunto da assistere. Lo spettacolo della COLETTI racconta con garbo e intelligenza del declino dei corpi e delle menti. Nell’epoca della realtà percepita dal filtro deformante delle “nuove tecnologie” “MAMMA A CARICO” ribalta i canoni e narra la concretezza del tempo.
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Marta Zannoner ha scelto
DELITTO E CASTIGO (di Fedor Dostoevskij, adattamento e regia Konstantin Bogomolov)
Questa versione di Delitto e Castigo può finire in due modi: con la voglia di riavere i propri soldi indietro, oppure lo si può vedere come una sfida, avendo o meno gli occhi di uno spettatore esperto.
Inoltre, come detto da qualcuno di questa redazione, è uno spettacolo in grado di iniettarti IL virus: quella voglia di tornare a teatro, di rivedere altre cose per stravolgere o confermare un preconcetto che si ha nella testa. Una terapia d’urto rischiosa, ma che può funzionare.
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