Il giardino non si vende, la recensione

il giardino non si vende

“Il giardino non si vende” è il frutto dell’incontro di due esperienze di “TEATRI POSSIBILI”.
Il seminario settimanale intensivo che si è svolto nell’agosto del 2014 su “Il Giardino dei Ciliegi” (condotto da Monica Faggiani e Corrado d’Elia) e la “Palestra dell’attore”, laboratorio di esperienze e di idee che T.P. mette a disposizione degli ex allievi.

Scritto da Sandra Tognarini e diretto Chiara Bertazzoni “Il giardino non si vende” è andato in scena il 13 e 14 Settembre 2015 al “TEATRO LIBERO” di via Savona a Milano.
Si tratta di una commedia (quasi) horror dai contorni metateatrali che prende il via dall’arrivo di otto attori (decisamente male in arnese) alla la tenuta di campagna di un regista che li dirigerà in “Il giardino dei ciliegi” di Cechov.
Ciò che spinge gli otto a raggiungere la remota località è la prospettiva di una tournee biennale dopo anni di in successi o di inattività. Così motivati resistono ad una serie di scompensi emotivi legati ad alcune stranezze del regista, ad un perfido double casting, invidie personali e difficoltà logistiche.

Man mano che la vicenda si dipana gli otto si trovano ad essere sempre più invischiati in una trama che li avvinghia togliendo loro ogni possibilità di fuga.
Lo sviluppo degli eventi è reso efficacemente con una serie di bui-scena; un montaggio quasi cinematografico che permette ai personaggi di rivelarsi o di fornire allo spettatore notizie ed indizi preclusi ai personaggi stessi.
Una scelta felice e per nulla scontata anche se, in due o tre occasioni, la repentinità del buio-scena ha tolto continuità alla rappresentazione.

Ed è proprio attraverso questi quadri che lo spettacolo viene declinato da commedia a thriller, da thriller ad horror; fino all’inaspettato disvelamento definitivo.
L’epilogo scompagina le attese dagli spettatori ai quali per tutto lo spettacolo sono stati offerti una serie indizi (ivi compresa l’apparizione del dio egizio dell’oscurità) che risultano labili nel momento in cui si cerca di ricondurli ad un finale in cui Vanja, Charlotte e gli altri personaggi del Giardino danno un’anima a chi l’ha perduta. Una forzatura nella trama che stride, nella misura in cui il resto dell’opera scorre fluido instillando nello spettatore curiosità ed inquietudine.

In generale buona e credibile la prova degli attori, soprattutto di chi si è trovato a misurarsi con ruoli particolarmente complessi.
Ottima l’intuizione di portare in teatro un genere (thriller-horror) generalmente di competenza cinematografica. Insomma: “Il giardino non si vende” è un prodotto originale, ben assemblato e il progetto “Palestra dell’attore” si conferma (dopo i “corti” di giugno) fucina di buon teatro.

Roberto De Marchi

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