Ormai da anni Campsirago Residenza ci ha abituai alle sue proposte innovative e fuori dagli schemi solitamente legate alla natura visto lo splendido paesaggio che circonda questa residenza adagiata sulle colline brianzole.
L’ultima trovata del direttore artistico Michele Losi supera decisamente i confini della Brianza e si spinge fino all’estremo Oriente, in un paese giapponese di circa 30 mila abitanti chiamato Ukiha. Grazie a questo gemellaggio è nata la Japanese Art Experience che ha trasformato per tre giorni Palazzo Gambassi di Campsirago in un feudo giapponese.
Experience è il termine più azzeccato per descrivere questo evento, i partecipanti dal 19 al 21 maggio hanno potuto immergersi a fondo nella meravigliosa cultura del Sol Levante. Merito di quattro artisti di Ukiha arrivati in Italia per condividere le loro conoscenze e le loro specialità offrendo una serie di workshop e di incontri davvero interessanti e coinvolgenti.
Gli appassionati della saga di Karate Kid ricorderanno la scena della tempesta che si abbatté su Okinawa nel secondo capitolo e, seppur non così violentemente, quell’atmosfera è stata involontariamente ricreata anche a Campsirago con la pioggia che picchietta sul palco nella corte e il vento che sferza i rami degli alberi mentre il maestro Hiro Shinohara sfidava le intemperie e proseguiva imperterrito nel creare oggetti attraverso l’arte dell’intreccio del bambù. Ad accompagnare la creazione c’era la musica del batterista e ingegnere acustico Nori Tanaka che ha anche tenuto tre workshop di tecnica del suono.
Altro momento magico per gli ospiti del festival è stata la cerimonia del tè officiata da Ryoko Baba, direttrice della residenza artistica di Ukiha, nello splendido spazio allestito in una sala di Palazzo Gambassi proprio da Hiro con il suo bambù. Offrendo un’ottima tazza di tè, Ryoko ha spiegato l’origine e le caratteristiche della bevanda, ma anche delle tazzine in cui veniva servito sottolineando la loro qualità e la loro importanza. La bevanda era accompagna da dei biscottini al sesamo preparati dalla chef Mamiko Ishii.
Con lei si apre un altro capitolo di questa Japanese Art Experience, quello dedicato ai workshop di cucina. Qui i partecipanti non solo hanno ascoltato le spiegazioni di Mamiko che ha insegnato a preparare un brodo capace di sprigionare l’umami, ma hanno potuto partecipare attivamente preparando gli onighiri, i tradizionali triangolini o “polpette” di riso che possono essere riempite di salmone o altri ingredienti. Mamiko Ishii ha inoltre preparato due cene e un pranzo con protagonista la cucina casalinga giapponese. Sono stati assaggiati piatti che difficilmente si trovano nei ristoranti giapponesi sparsi per l’Italia ma che sono di uso comune per chi vive in Giappone.
Le giornate della Japanese Art Experience si sono chiuse con il gran finale rappresentato dal Jazz Cafè. È stata ricreata l’atmosfera di un locale giapponese degli anni ’60 con un impianto audio assemblato per l’occasione da Nori Tanaka. Con lui sul palco si sono alternati Vittorio Ondedei e Luca Maria Baldini per uno spettacolo musicale di pura improvvisazione. E vedere un batterista giapponese suonare “La filanda” di Milva è un’esperienza che in pochi potranno raccontare. Un finale perfetto per queste giornate dedicate al Giappone, con la possibilità di sorseggiare del sakè, una birra o un gin giapponese mentre la musica rallegra la serata.
La soddisfazione si leggeva negli occhi del pubblico e la speranza comune era quella di poter rivivere nuovamente quei momenti. Ecco perché ci si augura che questo esperimento possa essere proposto anche in futuro, magari già la prossima stagione se gli artisti di Ukiha fossero disponibili. E perché no, ampliare ancora di più il programma già ricco inserendo altre arti tipiche del Giappone come potrebbero essere il disegno e il teatro stesso.
Ivan Filannino
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