Recensione: “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”

lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
foto laila pozzo

Leggendo i crediti de “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, che ha debuttato al Teatro Elfo Puccini lo scorso 5 dicembre, ci si trova praticamente già davanti ad un invito a teatro. Dalla regia di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni all’intero cast, passando per i movimenti scenici di Riccardo Olivier e Chiara Ameglio di Fattoria Vittadini, i video di Francesco Frongia e la traduzione di Emanuele Aldrovandi, troviamo alcuni dei principali nomi del panorama teatrale italiano. Se a questo aggiungiamo il testo di Simon Stephens (vincitore di 7 Olivier Awards in Inghilterra e quattro Tony Awards negli Stati Uniti) tratto dall’omonimo best seller di Mark Haddon, possiamo capire quanto alte fossero le aspettative attorno a questo spettacolo.

lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
foto Laila Pozzo

Arriviamo allora subito al punto, le attese sono state ripagate pienamente perché l’opera portata in scena da De Capitani e Bruni è un vero e proprio gioiello teatrale che restituisce dal vivo le grandi emozioni raccontate nel romanzo. Il filo del racconto segue molto fedelmente quanto scritto da Haddon e la scelta risulta essere sicuramente condivisibile così come quella di affidare a Siobhan il ruolo di narratore esterno che nel romanzo rimane invece nei pensieri del protagonista Christopher.

Chi è Christopher? Un ragazzo di 15 anni con la sindrome di Asperger, o meglio, con problemi comportamentali come si definirebbe lui stesso. Ad interpretarlo è Daniele Fedeli che recentemente avevamo ammirato in “Malagrazia” e che qui troviamo quasi irriconoscibile di aspetto e ancora più intenso nella sua recitazione. L’attore riesce perfettamente a esprimere le mille emozioni del protagonista e il suo mondo visto spesso in modo diverso rispetto alla maggior parte delle persone. La difficoltà più grande che Fedeli deve affrontare è quella di esprimere a gesti, sguardi e movimenti i pensieri di Christopher che l’autore ha impresso sulla carta, una prova superata a pieni voti.

Nella scena di Andrea Taddei domina il bianco con tre pannelli sui quali vengono proiettati i disegni di Ferdinando Bruni, i video di Francesco Frongia, con Fedeli che addirittura “si immerge” in un di essi, e parti del diario di Christopher. L’interattività è una delle chiavi dello spettacolo così come i rumori e le musiche per un’opera che in alcuni punti, soprattutto nella parte iniziale, fa registrare un apprezzabile richiamo a Benny Hill e alla commedia britannica. I personaggi cosiddetti secondari sono parecchio caricaturali con in particolare una signora Shears che appare molto più eccentrica rispetto al romanzo al contrario della signora Alexander che rispecchia la descrizione di Haddon. Ad accompagnare gli attori ci sono poi sgabelli e panche da disporre a seconda di ciò che richiede il momento.

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foto Laila Pozzo

Del protagonista abbiamo già parlato, in scena troviamo poi Elena Russo Arman nei panni della maestra Siobhan brava ad alternarsi tra la scena e la narrazione, mentre Davide Lorino e Alice Redini interpretano il ruolo altrettanto delicato dei genitori. Completano il cast Corinna Agustoni, Cristina Crippa, Marco Bonadei, Alessandro Mor, Nicola Stravalaci, Debora Zuin. La loro presenza è tutt’altro che secondaria perché lo spettacolo dà il meglio di sé nelle scene corali anche grazie al lavoro di Riccardo Olivier e Chiara Ameglio (Fattoria Vittadini). L’intera scena ambientata in stazione fino all’arrivo a Londra è costruita alla perfezione e mettere le maschere in faccia a quei personaggi così estranei e lontani dal mondo di Christopher le regala una marcia in più.

Due ore e mezza di spettacolo che scorrono piacevolmente in una storia inframezzata da frequenti flashback che può coinvolgere sia il pubblico coinvolto nei misteri di un piccolo paesino della provincia inglese sia quello che vuole fare un passo in più ed entrare nella meravigliosa mente di Christopher, un ragazzo che passo dopo passo prende consapevolezza di se stesso arrivando a capire che nulla gli è precluso.

Ivan Filannino

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