Rimanere indifferenti davanti a “Hard Candy” è impossibile, si tratta di uno spettacolo destinato a smuovere l’animo dello spettatore suscitando diversi tipi di sensazioni, inquietudine, ansia, trepidazione in alcuni casi anche orrore. Un’opera che porta il pubblico a una presa di posizione chiara sia essa positiva o meno, difficilmente c’è spazio per vie di mezzo.
Due personaggi sul palco, Jeff fotografo over quaranta ed Hayley studentessa minorenne. I ruoli sono subito chiari e netti da una parte il “pedofilo” dall’altra l’ingenua ragazzina, ma questa recita dura davvero poco, le parti si ribaltano quasi subito in questa sorta di capuccetto rosso al contrario.
La tensione cresce col passare della storia e con lo svelarsi di particolari e scene sempre più forti. Per reggere una trama del genere era fondamentale la presenza di due grandi attori e il regista Corrado d’Elia li ha trovati in Alessandro Castellucci e Desireé Giorgetti. Il ruolo di Jeff in prima apparenza sembra essere il più facile, ma non è così Castellucci deve passare da carnefice a vittima, deve mostrare il dolore e il terrore di essere nelle mani di una crudele aguzzina. Hayley può ricordare un po’ Alex Forrest di “Attrazione fatale” e un po” Annie Wilkes di “Misery”, ma a fine spettacolo capisci che si tratta di un personaggio unico che Desireé Giorgetti interpreta perfettamente, i suoi sguardi lanciati verso la platea trapassano lo spettatore come una lama, più inquietanti delle angherie fisiche e psicologiche a cui è sottoposto l’uomo.
Corrado d’Elia ripropone quel gioco di luce e buio già visto ne “La locandiera”, ma se le scene di Goldoni erano accompagnate dalla dolce voce della cantante belga Lio, la colonna sonora di “Hard Candy” sta nelle note di “Carillon” di Magic Box. Un carillon che gira per tutto lo spettacolo come le posizioni degli attori che continuano a invertirsi sul palco. L’adattamento teatrale infine, sempre firmato d’Elia, rende più che mai difficile capire da che parte sta il bene e da quale il male, lasciando al pubblico tanti scenari aperti e anche tanti dubbi con la certezza, però, di aver passato un’ora e mezza nell’animo umano più torbido.
Ivan Filannino
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