Domenico Pugliares è dalla parte di…

Domenico Pugliares

Si avvicina il 25 aprile e il Teatro della Cooperativa festeggia il 70° anniversario della Liberazione con lo spettacolo “Dalla parte di chi ruba nei supermercati”, il cui titolo si ispira alla celebre canzone di Francesco de Gregori “Chi ruba nei supermercati?”. Ma che cos’hanno in comune la canzone del cantautore romano e questo spettacolo che racconta del ventennio fascista?

Domenico Pugliares, regista, autore e unico attore in scena, ci fornisce la sua chiave di lettura accompagnandoci in un viaggio immaginario ai “confini dell’impero”, in Sicilia. E qui si incontrano diversi personaggi inventati da Pugliares, alcuni verosimili altri invece volutamente improbabili nel loro surrealismo, che attraverso i propri racconti di vita ci svelano uno dei capitoli più complessi e controversi della Storia italiana. Pochi elementi in scena, le musiche originali di Fabio Pavan che ci scortano di quadro in quadro e la voce di Pugliares sono sufficienti per portarci in un mondo apparentemente lontano e ingiustamente dimenticato, che subito si rianima grazie alla lingua siciliana e proprio in virtù della sua particolarità assurge a toni universali.

Riemergono così con delicatezza e talvolta con risate ed ironia i ricordi delle torture per i dissidenti – o forse soltanto, incoscienti – politici, delle assurde ambizioni imperialistiche di un governo simile ad un bambino che gioca a Risiko, della folle campagna di Russia che tanti giovani ha strappato alle loro madri, delle leggi razziali che ci lasciano il segno infamante della Stella di Davide, non più simbolo di riconoscimento di un popolo ma emblema delle persecuzioni e dell’orrore della Shoah.

Non è semplice affrontare questi tragici fatti senza cadere nella retorica, ma Pugliares si affida a uno stile sobrio ed essenziale che lascia trapelare l’emozione e soprattutto stimola a riflettere e risvegliare l’attenzione sul presente. È inquietante ritrovare in uno spettacolo che narra avvenimenti di oltre settant’anni fa espressioni che sono per noi all’ordine del giorno, come ad esempio il petrolio in Libia, gli armamenti militari, le discriminazioni razziali, e anche la mostra nel foyer del teatro intitolata “Omocausto” è tragicamente attuale.

Non basta ricordare, e questo è anche l’appello urgente che ci lancia lo spettacolo: le vicende comuni dei vari personaggi si impigliano loro malgrado nella matassa di una storia più grande, esempio evidente di uomini che vengono travolti dagli eventi senza aver capito cosa stava succedendo e aver potuto decidere da che parte stare. Un cappello in più o in meno sulla stessa faccia può rappresentare lo stesso uomo che intraprende, magari inconsapevolmente, una strada piuttosto che l’altra: partigiano o fascista? Complice o dissidente? Vittima o carnefice? A questo punto sorge un’altra domanda: qual è la parte giusta? Nei momenti confusi e incerti, come si può comprendere e compiere una scelta? Solo la storia può stabilire in modo oggettivo chi sono “i buoni e i cattivi”? La storia è scritta dai vincitori e oggi assistiamo comunque alle reminiscenze del partito nazista, alla legittimazione dei movimenti estremisti, al fondamentalismo di ogni specie e genere: è ancora possibile che a distanza di decenni e con la storia ormai conosciuta ci siano persone che si sentono fascisti? Come si fa a stare da quella parte nonostante la storia?

Sono tante le provocazioni che ci lascia lo spettacolo, tanti quesiti a cui non è data una risposta, ma forse è proprio questo lo scopo dello spettacolo: affidarci la Domanda. Custodendo la memoria di ciò che è accaduto e rendendo giustizia alle violenze e agli orrori compiuti, è lo stato di domanda il nostro primo impegno e dovere: porsi interrogativi, mettersi in discussione, chiedersi qual è la propria responsabilità diventa la prima forma di r-Esistenza.

Che cos’hanno quindi in comune la canzone del cantautore romano e questo spettacolo che racconta del ventennio fascista? Un invito, uno stimolo, un obbligo morale: “Tu, da che parte stai?”

Beatrice Marzorati

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