Recensione: “Cabaret – The musical”

cabaret
foto Valerio Polverari

Standing ovation del Teatro Nazionale per la versione di Cabaret realizzata da Arturo Brachetti e Luciano Cannito. Quando ci si presenta con un nome pesante come quello di Brachetti aspettative e scetticismo si moltiplicano, ma l’artista torinese fin dalle prime battute ha dimostrato di saper dire la sua anche in un musical. Brachetti è una figura importante e per certi versi ingombrante che ha saputo rivelarsi un buonissimo performer andando oltre i pregiudizi mettendo il suo talento a disposizione di uno dei musical più famosi al mondo. Ovviamente non potevano mancare i suoi numeri di trasformismo che, però, non risultano invadenti all’interno del Kit Kat Club già a partire dalla bellissima overture (“Willkommen”).

.Siamo a Berlino negli anni ’30, una città che respira le ultime boccate di libertà prima che il nazismo prenda il potere. In questa situazione si sviluppa la storia d’amore tra Clifford, scrittore statunitense e Sally, cabarettista inglese. A interpretarli sono Cristian Catto e Diana Del Bufalo, entrambi promossi a pieni voti, così come da applausi è l’interpretazione di Christine Grimandi, Fraulein Schneider. In particolare Diana Del Bufalo si dimostra una vera sorpresa e in continua crescita sul palcoscenico. Ottima e carica di energia la sua “Cabaret” nel finale.

Spettacolari le scene di Rinaldo Rinaldi mentre appaiono un po’ deboli le coreografie. Uno spettacolo che gioca spesso sull’ossimoro, una splendida canzone a canone nasconde in realtà la crudeltà nazista, i colori del cabaret si scontrano col buio che sta arrivando. Sono passati quasi sessant’anni dal debutto di Cabaret a Broadway ma la sua storia continua ad essere più che mai attuale e i suoi ritmi sempre contemporanei.

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