Recensione: “Happy Days il musical”

happy

Giorni felici e dove trovarli
Tesi, antitesi e sintesi,  di Arthur Fonzarelli

Giorni felici? Attimi felici e distesi, dopo aver visto, anzi rivisto, la famosa serie tv americana irromperci negli occhi e danzarci tra cuore e ragione. Il musical, che fece il suo esordio nel 2007, in California, scritto da Gary Marschall, con le musiche e liriche di Paul Williams, torna a rombare show. Rieccolo, dopo il successo riscontrato lo corso anno, sul palco del teatro Nazionale Che Banca! di Milano, dal 3 al 5 maggio 2024.
Bisogna riavvolgere il filo dei ricordi a 50 anni fa, quando la serie televisiva, una situation comedy, per dirla col gergo televisivo, prese il la’ e non solo riscosse consensi in patria ma esplose anche altrove, creando spensieratezza e quel sano desiderio di aggregazione. Il microcosmo è Milwaukee, comune nel Wisconsin, gli spaccati di vita sono quelli della famiglia Cunningham, con la seguente formazione: il pater familias, Howard, che ha una bottega di ferramenta,  la moglie, Marion, elegante casalinga e i due figli Richie e Joanie, soprannominata, sottiletta. E poi, ecco l’andirivieni degli amici, capeggiati da Arthur Fonzarelli, Fonzie, italo americano e capopopolo. Dal 15 gennaio 1974, giorno della prima puntata al 24 settembre 1984, ha allietato le case degli americani. È il locus amoenus a stelle e strisce, dove feste, appuntamenti e persino i fallimenti, vengono vissuti con spirito di leggerezza e quasi da romanzo picaresco. Un’ America, che si voleva togliere le tossine di dosso dopo la guerra di Corea e prendeva fiato per lo scontro del Vietnam.
Lo spettacolo,  vede in cabina di regia Adriano Tallarini, la direzione musicale è invece affidata a Davide Tagliento, mentre le coreografie sono di Martina e Sofia Massa.


Un cast grandioso ed imponente, con 30 performers: attori, cantanti,  ballerini, ce n’è per tutti i gusti. Con quella sensazione, piacevole e fresca, che si prova quando si entra in una grande gelateria ed al cospetto di infinite combinazioni, si ha l’imbarazzo della scelta. Qui, presi da tanti personaggi, quasi non si sa a chi guardare. Cono o coppetta? Un calice che intrattiene, diverte, scatena, apre i chakra, senza un istante di noia. La nota dominante, il frizzante “ondeggiare e rotolare”, Rock and roll, tipico degli anni 50. Si perché Happy Days, pur andando in onda negli anni 70 ed 80 ( in Italia la prima puntata comparve nei soggiorni e nelle cucine il giorno dell’Immacolata del 1977) porta allo spettatore fatti e momenti degli States anni 50, siamo, nel musical, nel 1959 . Ma il coupe de teathre, è che le canzoni, sono tutte rigorosamente in italiano, grazie alla traduzione di Michele Renzullo e le liriche di Franco Travaglio: questa mossa, avvicina e crea una liaison azzeccata, una fune utilissima e liberatoria, tra il desiderio di spensieratezza di quegli anni e l’esigenza, di leggerezza, di questo presente, dove guerre, paure terroristiche, tensioni post pandemiche, entrano sempre in gamba tesa e senza preavviso, su i nostri giorni, costringendoci a mettere l’happy, sempre un po’ tra parentesi nei nostri days.


Da Arnold’s avvengono anche qui e si snodano i massimi sistemi delle giornate e delle vite del gruppo di amici, dove Fonzie, in tv il mitico Henry Winkler, è, anche qui, interpretato da Davide Procopio, il vero mattatore, il vero hombre del partido, per dirla, in termini calcistici. Bravo Procopio a riconsegnare alla voce di Fonzie quella timbrica propria di Antonio Colonnello, doppiatore italiano di Fonzie, dal primo all’ultimo episodio. Poi c’è Richie, che culla il sogno di diventare giornalista “Londra ha la Bbc, New York ha il Times, noi, a Milwaukee, abbiamo Arnold’s” e che si sente completo solo accanto a Fonzie, anche nel musical, ascoltato vate. Non presta mai il pettine a nessuno, Fonzie, che inanella una serie di consigli e massime scolpite dalla gestualità, netta, delle sue mani, anche questa, riproposta tattilmente e sonoramente, al netto del registro di un musical. Ma alla fine, anche lui, viene preso, per i capelli, dalla forza, spettinante, della vita e non trova più le parole e non ha più consigli. Va via, lascia Richie e gli altri vivere le loro vite, risolvere i loro conflitti, senza la sua presenza. “Fonzie ci ha insegnato non a farcela sotto ma a farci sotto“. Ricorda Richie alla squadra quando il trono di Fonzarelli è vacante. Ma poi, ecco la sintesi, ritorna l’eroe ed aiuta la truppa, che nel frattempo ha scoperto la sua combattivita’, a far fronte, per non vendere Arnold’s, e confessa la sua debolezza, un ginocchio sifulo e balbetta appena appena che anche lui ha “Sba..sbagliato“, a non continuare la sua relazione con Pinky Tuscadero, l’eccentrica e ribelle, sua alter ego femminile, nella riproposizione teatrale, Monica Turri. “Fonzie non appartiene a nessuno, ne a me ne a te, vola come il vento” rivelera’ Pinky a Joanie. Due ore accattivanti, che non ti fanno pensare a niente, se non a pensare di divertirti. Merito anche delle altre interpretazioni femminili, come Marion ricreata da Maria Teresa Bongiovanni, Joanie Cunningham, resa da Antonia Di Piazza e Lori Beth, la compagna di Richie, Elisa Azzolini e Chachi, il pasticcione fidanzatino di Joanie, Ivan Fortarezza. Howard, il papà al quale Fonzie consegnerà la targa come vero eroe, strenuo rappresentante di una classe operaia che va in paradiso, e’ Massimo Vinci, attento a declinare il ritmo delle espressioni dell’Howard italiano, i cui doppiatori sono stati, prima Lino Troisi, poi Gil Baroni. Simpatici anche gli sgraziati e sfigati si direbbe oggi, Ralph Malph e Potsie Weber, rispettivamente Niccolo’ Cea e Gianmarco Messersi e il, padrone di Arnold’s, Alfred Delvecchio, incarnato da Giuseppe Di Lorenzo. Un Happy Days dunque senza segni d’interpunzione, dove le parti dialogiche e le pieces musicali ti si gettano addosso, a getto continuo, in un gigantismo made in Usa, in piena regola. Uscendo, si ha voglia di continuare a ballare e di rindossare un giubbotto di pelle. Per provare ad essere come Fonzie, ancora, un’altra volta. Piu’ dell’ultima e meno della prossima.

Luca Savarese 

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