Il 20 novembre, presso La Fabbrica dell’esperienza è andato in scena lo spettacolo ImpostorA della Compagnia TeatRing. Un monologo con Fracesca Ricci e il testo e la regia di Marianna Esposito.
Il collettivo, che da sempre cerca di unire diversi linguaggi teatrali con tematiche sociali, questa volta focalizza la sua ricerca sul tema della felicità. In particolare, sulla sindrome dell’impostore che non di rado ci accompagna, chi più, chi meno, nei momenti importanti della nostra vita. Avete mai bisogno di guardarvi allo specchio per ricordarvi di avere valore? Non di rado cerchiamo quel fantomatico nemico che ci impedisce di essere felici, di poterci godere un bel momento senza sentirci in colpa o dando per scontato che non durerà. Eppure, non possiamo non sapere, che il nostro peggior nemico siamo proprio noi.
La protagonista Rachele diviene la metafora di questo grande conflitto. Essendo una persona con una grande sensibilità ed insicurezza, istigata anche dalla figura paterna che non riesce a sostenerla nel suo desiderio di autoaffermazione. Passa gran parte della sua vita tra compromessi e rinunce. Solo tramite la creazione del suo alter ego Donatella riesce ad esprimere quello che vorrebbe essere. Ha bisogno di una maschera per proiettare all’esterno l’immagine del personaggio che crede di dover interpretare per essere felice. Durante il suo percorso incontra Samuele, con il quale inizia una relazione che, va talmente bene, da portarlo a chiedere la sua mano. Terrore e tragedia! Quello che dovrebbe essere il momento più bello della sua vita diventa un vero e proprio incubo. Tutti i demoni che pensava di essere riuscita a nascondere sotto il tappeto tornano ad esplodere fuori da lei portandola alla fuga.
Come riuscire a fermarsi? Come bloccare questo istinto autodistruttivo? Grazie all’interpretazione ironica e scanzonata di Francesca Ricci, camminare insieme alla protagonista, attraversando ricordi, gioie e dolori, viene facile e naturale. Il suo percorso, per compiere un passo di consapevolezza importante per la sua vita, tocca temi che risuonano in tutti noi. La regia punta tutto sulla forza della parola, dell’azione e di pochi oggetti. Tutto è concentrato sul dialogo pubblico e attrice.
Questo spettacolo è un omaggio alla vita, al diritto alla felicità. È come un piccolo Carillon che apriamo per lasciare che la sua melodia risuoni nei nostri cuori, per sentirli battere, desiderosi di amore, nel ricordo del passato e nella speranza per il futuro.
Michele Ciardulli
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