La Lisistrata ei ieri e…di oggi. Risate a crepapelle e quella sana voglia di libertà
“Se Aristotele fosse vivo, darebbe ragione a me e non agli aristotelici”. Così sentenzio’ Galileo Galilei mentre cercava di difendere le sue idee eliocentriche.
Ecco, invece se Aristofane fosse vivo, dabbe ragione ed apprezzerebbe questa versione, spigliata, disinibita e molto coinvolgente della sua Lisistrata.
L’ opera, messa in scena nel 411 a. C ad Atene, vede la barricadiera Lisistrata, il cui nome parlante significa “Coleiche scioglie gli eserciti ” ribellarsi, non solo al fatto che i mariti delle donne greche, in quel tempo impegnati al fronte per la guerra del Peloponneso, portano avanti vicende bellicose, ma essendo lontani, lasciano le proprie mogli sole nel letto coniugale. Non va giù questo a Lisitrata, che decide di battersi per proporre una sorta di compromesso: se i consorti non cesseranno il fuoco, le loro spose, si rifiuteranno di concedersi nell’amore e nel letto. Non è sola in questa accorata protesta ma tira in mezzo anche altre donne, come la spartana Lampito’ e l’altolocata Cleonice. La commedia, rivive in questi giorni, da giovedì 15 a sabato 17 alle ore 20.45, domenica 18 alle 16, all’Ecoteatro di Milano, in via Fezzzan 11. La regia, è firmata da Walter Palamenga Volpini, alle luci c’è Maurilio Boni, la grafica è confezionata da Yurij Pezzini. È una Lisistrata dove si riflette, ridendo e tanto, dall’inizio alla fine. Merito di Lisistrata, incarnata da Erika Iacono, Lampito’ interpretata da Mirko Ranù (qui la sua intervista), che cura anche le coreografie, Cleonice, rappresentata dallo stesso Walter Palamenga Volpini, e Giovanni Rotolo, nel ruolo sia dell’araldo che da Sparta giunge per trattare la pace, che di Cinesia, focoso e super dotato marito (di Mirrina nel testo aristofaneo) e qui di Lampito’. Geniale Palamenga nella sua contaminatio: mischiare le vicende reali della piece con abbondanti e ben incastonati elementi distanti dalla Grecita’, ma che appaiono puntuali e fanno sbellicare dalle risate. Quali? Il linguaggio, tra il romanesco spinto ed il marchigiano ruspante di Lampito’.
Il dialetto, spiccatamente pugliese di Cinesia. I vari inframezzi musicali inoltre, non trasformano lo spettacolo in un musical fatto e finito, ma sostanzialmente, prendono il posto del coro nella commedia antica: intermezzo e spiegazione di ciò che sta accadendo. Non sono però melodie elleniche o simili, ma canzoni popolari le più svariate, che vanno da “Anche un uomo” di Mina a “Siamodonne” di Gio’ Squillo e Sabrina Salerno a “Donna” del Quartetto Cetra. In un periodo storico come questo, il tema della ricerca della pace non attraverso una mera passività ma tramite la convinta e per niente restia espressione delle proprie idee e di quell’irriducibile desiderio di libertà, è trattato e portato dritto non solo al cuore dello spettatore ma anche al suo buonumore. Si entra con curiosità, si esce con una sana, intelligente e dirompente ilarità.
Luca Savarese
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