Teatro Out Off: “Regredior”

regredior
Foto Angelo Redaelli

Quando si dice che Testori scrive col sangue non ci si serve di una frase fatta: il grido o il canto sembrano uscirgli contro la sua stessa volontà e quando cadono sul bianco della pagina risuonano, hanno il peso di un sasso.

Così non si commette alcun abuso dicendo che scrivere per Testori vuol dire lacerarsi, far sanguinare la propria carne…

La vita è un magma, un pezzo di carne sanguinante, un lungo sacrificio sull’altare della morte.

Ma se si guarda bene, c’è anche, e vincente, l’altro grido, quello dell’amore…

Per tentare di definire la sua idea di teatro Testori si serve di una suggestione: l’immagine di un quadro di un suo amato pittore contemporaneo, Francis Bacon, “Sangue in una stanza”, che rappresenta, in un’estrema nudità, una macchia di sangue.

Che cosa ci dice quella macchia?

In un momento in cui la parola, sminuita, è diventata il luogo dell’equivoco, della non – libertà e della non autenticità, il teatro, tolti tutti gli addobbi e tutte le malìe, non deve far altro che cercare e ascoltare queste macchie di sangue, questo lacerto umano, entrarci dentro attraverso tutto quello che è possibile, dalla preghiera all’abbraccio, dall’insulto al coito, esprimere ciò che è radicale e difendere il diritto a parlare di chi non ha parola.

“Dare alla carne la parola”: è questo il nucleo del teatro che per Testori ha una marcia in più.

E “Regredior” (1992) romanzo “teatrato” come lo definiva Testori, rimasto a lungo inedito e mai rappresentato sulla scena, terminato dall’autore nella sua camera d’ospedale prima di morire, dà alla carne la parola.

Torquato è il nome di battesimo del protagonista, clochard lombardo – bekettiano vicino alla vecchiaia – respinto e perseguitato dalla società perbenista – che passa le sue giornate “de cuntra al mur che poi l’è de marmu, della cà de Diu”, il Duomo di Milano, leccando la “pissa” dei passanti.

Attraverso il flusso tragicomico delle sue parole percepiamo le memorie frammentate della sua vita, – una sorta di autoanalisi e sincera confessione al pubblico della sua mente – e partecipiamo alle vicissitudini, reali e surreali, di quest’uomo che vive fino in fondo la sua condanna – feticista, la sua “maledissione e benedissione, come egli stesso la definisce, fino a conquistare la salvezza e la sua vittoria di reietto immergendosi nell’abbassamento e nella regressione.

Una banda di teppisti – motociclisti, di “usseri del casso”, di angeli sterminatori metropolitani, lo massacrerà di botte, mettendo fine alla sua vita.

L’empietà della “città -civis”, di una Milano che ha degradato la sua cultura e il suo tessuto morale, si manifesta brutalmente.

E per concludere, le parole di Testori: “Milano è una città dolente e dolorosa, offesa e offendibile, al limite dell’indifferenza. Questo è il prodotto della babelica, ricca, idiota costruzione sociale basata sulla finanza, sull’arrivare. Milano è cresciuta in questo senso in modo eccezionale e ne sente l’offesa. I problemi di Milano non si possono risolvere solo urbanisticamente; l’uomo moderno, anche quello milanese, deve capire che non si può porre una città sotto l’egoismo.”

Roberto Trifirò                                                                                                                                                 

REGREDIOR
regia e drammaturgia Roberto Trifirò
con Roberto Trifirò

DOVE? Teatro Out Off

QUANDO? dal 9 marzo al 2 aprile

PREZZI: Intero: 20 euro / Under26: 14 euro / Over65: 10 euro

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