
Da martedì 20 a domenica 25 maggio 2025 al Teatro Filodrammatici di Milano in scena una storia poco raccontata, se non addirittura ignorata: quella degli omosessuali che, durante il Fascismo, vengono confinati in isole di detenzione in nome della purezza della razza e del costume; Arrusi scritto da Gabriele Scotti regia Omar Nedjari con Marika Pensa, Simone Tudda e Sandra Zoccolan.
Tre storie di omosessualità da inizio Novecento ad oggi, di diritti negati, cancellati, di ingiustizie subite, tre storie che corrono parallele pur lontane nel tempo e che, in qualche modo, si toccano, in un gioco di rimandi e coincidenze. Facendo tesoro di testimonianze e documenti – lettere, giornali, rapporti – Arrusi è l’avvincente, epico racconto di pagine di storia dimenticate o poco raccontate in cui si mescolano diversità, lotta per la libertà e Grande Storia.
Per saperne di più ho contattato l’autore di questo interessante lavoro, Gabriele Scotti al quale ho chiesto; quando e perché nasce Arrusi?
Arrusi ha una storia lunga perché nasce nel 2020 come mio progetto per il cinema, incentrato sulla vicenda degli omosessuali catanesi oggetto di retate alla fine degli anni Trenta del Novecento, in pieno Fascismo, per essere confinati alle Tremiti, allora isole di detenzione.
Due anni dopo Atir, la compagnia di cui faccio parte, cercava progetti per partecipare al bando Next. Tra le varie proposte è piaciuta proprio Arrusi che dunque è stato trasformato in testo teatrale e spettacolo. A questo punto, anche per valorizzare il cast dato, il progetto si è allargato ad altre due storie: una ambientata nel 1970 in Spagna sotto al Franchismo e l’altra nell’Italia di oggi.
Ahinoi le storie di diritti negati o minacciati non mancano neanche nel presente…
Eh già!
Per chi non lo sapesse cosa significa la parola ‘arruso’?
Arruso è un termine siciliano che oggi significa omosessuale, ma ai tempi dei fatti della storia indicava più precisamente l’omosessuale passivo. Agli occhi della cultura e del regime fascista infatti la grave colpa, ciò che era davvero inammissibile, era la rinuncia al ruolo maschile. L’omosessuale attivo poteva essere anche scusato perché – cito, attenzione attenzione – “il maschio quando è illibidinato non si tiene!”
No comment!
Mi racconti com’era la vita degli Arrusi nell’isola di San Domino tra il 1939 e il 1940, anno in cui vennero rispediti nelle loro città?
Per approfondire quel mondo suggerisco il libro molto esaustivo La città e l’isola di Goretti e Giartosio, una delle fonti per questo lavoro.
La Vita a San Domino era effettivamente grama, ma quello che mi ha colpito è stato scoprire che proprio lì si è formata di fatto la prima comunità gay d’Italia. Alcuni confinati proprio lì si sentirono liberi di vivere per quello che erano, ossia omosessuali. Non mancavano poi le storie d’amore tra confinati e carabinieri, numeri di teatro messi in piedi con poco, momenti di allegria. Proprio l’intreccio di dramma e riso, o meglio di sorriso nel dramma, è quello che mi ha appassionato di questa vicenda quando ho iniziato a studiarla.
Che tu sappia qualcuno di quei Arrusi è ancora in vita?
Quello che posso dirti è che chi è stato confinato in sole di detenzione in quanto omosessuale ha quasi sempre tenuto segreto il fatto senza più parlarne per vergogna. L’onta per sé e per la famiglia ai tempi era grande.
In scena racconti tre storie di omosessualità ispirate e storie vere da inizio Novecento ad oggi, le sintetizzi?
Giusto per invogliare chi legge a venire al Teatro Filodrammatici?
Francesco è un ventenne di Catania, un bravo ragazzo caduto nella prima improvvisa retata voluta dal nuovo questore Molina che, indagando su un caso di omicidio, scopre la vita della comunità omosessuale della città ed è deciso a sgominarla, neanche fosse una banda criminale.
A Valencia nel 1970 Amparo è una donna semplice che per ignoranza più che per convinzione denuncia il proprio figlio omosessuale alle autorità del regime franchista.
Nell’Italia di oggi si muove invece Aurelia, sposata con Eva. Si chiede se avere un secondo figlio tramite fecondazione assistita e… non dico di più!
Solo che la storia è ispirata all’insopportabile vicenda di giugno 2023, quando la procura chiese di cancellare trenta atti di nascita di bambini e bambine figli di coppie omogenitoriali di donne.
Quant’è importante conoscere questi episodi oggi?
Molto!
Tutte queste vicende non sono granché note ed è la ragione per cui io e Atir abbiamo voluto fare questo spettacolo. Per ricordare, con i mezzi sincretici ed emotivi del teatro, che i diritti che diamo per acquisiti possono sempre essere minacciati. E questo vale per moltissime categorie umane.
È molto interessante anche fare una riflessione su come la Spagna, dopo il Franchismo, sia evoluta molto rapidamente in fatto di diritti civili mentre noi, in Italia… che fatica.
Chissà come mai e… non dico di più io questa volta!
Concludendo, cosa ti piacerebbe leggere in una recensione dello spettacolo Arrusi e cosa invece ti darebbe più fastidio?
Ti dico solo cosa mi piacerebbe, che nella vita mi innervosisco già fin troppo e ci manca che mi metta a prevedere i fastidi del futuro…!
Mi piacerebbe leggere che è uno spettacolo interessante per le tematiche e dinamico nella fattura. Il fatto che siano tre storie che si alternano e intrecciano, che ci siano tre attori per più di dieci personaggi, implica che per godersi lo spettacolo ci vuole ascolto. La buona disposizione sarà ripagata da canti, dramma, riso…
Lo scopo per me e per Atir è sempre quello: parlare di storie importanti, grandi e piccole, della Grande Storia e delle piccole storie individuali, creando empatia e coinvolgendo il pubblico dal punto di vista emotivo (e lascio a te ricordare gli altri che hanno partecipato al progetto!).
Grazie!
Grazie a te per quest’altro importate testo che tutti noi verremo a sostenere al Teatro Filodrammatici.
Quando?
Da martedì 20 a domenica 25 maggio 2025
Buona serata.
TiTo
Leave a Reply