Al Teatro Elfo/Puccini in scena un interessante racconto/testimonianza sul campo profugo di Kakuma, al confine tra Kenya e Sud Sudan, di Laura Sicignano dal 9 al 14 aprile 2024 con l’attrice Irene Serini e la danzatrice Susannah Iheme.
Laura Sicignano (regista, autrice e direttrice) da sempre attenta alle contraddizioni e alle tensioni che segnano le dinamiche socioculturali del nostro tempo, allarga le maglie della drammaturgia sino a fare del palcoscenico il luogo della documentazione e della riflessione, tra musica live e danza.
Laureata con lode in Storia del Teatro all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha affiancato, come assistente alla regia, F. Tiezzi, E. De Capitani, A. Santagata, T. Conte inoltre per 6 anni ha lavorato al Teatro Stabile di Genova nei settori organizzazione e comunicazione, sotto la direzione di Ivo Chiesa.
Per le mie 5 domande ho contattato Laura Sicignano,grazie all’amica Irene Serini, per sapere…
… quando e perché decidi di raccontare a teatro il campo profugo di Kakuma?
Ho affrontato questo viaggio per l’esigenza di ripensare le ragioni del mio lavoro – il teatro – e il senso del mio stare al mondo. Ne venivamo dalla pandemia, un periodo che ci aveva messo in discussione come lavoratori dello spettacolo e indotto a guardare solo il nostro ombelico. Grazie a contatti con operatori umanitari, avevo l’occasione di vedere da vicino una parte di mondo di cui spesso si parla, ma di cui non si sa molto. Ho deciso quindi di raccontare il campo come un diario di viaggio scritto con il linguaggio del teatro. Inoltre nella mia storia mi sono spesso occupata di fenomeni migratori: prima con due spettacoli dedicati all’emigrazione italiana verso le Americhe e poi con un pionieristico progetto in cui ho coinvolto un gruppo di giovani richiedenti asilo che erano arrivati in Italia minorenni non accompagnati, da Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Senegal. Con questi amici viaggiatori ho realizzato 3 spettacoli teatrali, scritti con loro. Per loro è stata la prima esperienza di lavoro in Italia. Per me una grande lezione di vita e umanità. Quindi il mio viaggio a Kakuma fa parte di un percorso artistico e personale di ricerca di dialogo con persone con esperienze esistenziali diverse da me.
Quando a giugno 2022 sono tornata dal viaggio a Kakuma, il primo problema che ho dovuto affrontare è stato: come posso raccontare il campo? Raccontarlo dal punto di vista di chi ci vive, ovvero dei rifugiati, sarebbe stato un atto di arroganza. Ho scelto quindi di raccontare il campo semplicemente dal punto di vista del mio viaggio.
In un lavoro come Kakuma che peso hanno le parole, i silenzi e il corpo?
Ho affidato il mio racconto ad Irene Serini, un’attrice raffinata e sensibile a tematiche complesse, con cui lavoro dal 2008.
Nel mio viaggio ho incontrato molti esponenti di Agenzie Umanitarie: anche attraverso i loro ritratti e le parole che mi hanno affidato, il pubblico potrà conoscere il campo. Penso che gli operatori umanitari siano persone normali che hanno fatto scelte di vita eccezionali. Quindi Irene in scena “sarà” me, ma anche gli operatori umanitari del campo, secondo un dispositivo drammaturgico a “scatole cinesi”.
Il solo rifugiato che ha la parola in prima persona è uno dei pochissimi che sarà “ricollocato”, ovvero a cui sarà permesso trasferirsi in un paese ricco. Solo l’eccezionale ha voce. Le altre voci che ci offre Serini nella sua interpretazione plurima, sono la mia e delle “persone normali con vite eccezionali” che vivono nel campo in condizioni estreme, cercando di portare aiuto, nella consapevolezza della precarietà e della complessità della propria scelta. Nelle loro parole emergono le contraddizioni del rapporto tra Nord e Sud del mondo, a volte pregiudizi che disturbano. Ma questo è. Gli operatori umanitari – donne e uomini di tutto il mondo – sono animati da vocazioni che li inducono a scelte radicali al servizio degli altri, originate da un intreccio di differenti motivazioni.
Accanto ad Irene e sempre in relazione con lei, c’è una danzatrice, Susannah Iheme che in scena “è il campo”, un’entità che per chi non lo vive forse resta incomprensibile. Nello spettacolo si esprime attraverso il corpo, la danza. Non sono io a negare la parola al campo: ciò che lo fa esistere, non gli concede la parola. Il campo ha una potenza espressiva straordinaria e stordisce chiunque lo avvicina. Il campo da una parte e dall’altra noi (io, gli operatori): c’è una distanza tra noi e loro, c’è un rapporto mutevole, complesso che comprende la cura, il bisogno reciproco, la diffidenza, l’incomprensione, il pregiudizio e molto altro. Perciò in scena le due interpreti sono il campo e noi, ma anche il Nord e il Sud del mondo e sono costantemente in relazione tra loro, grazie al lavoro svolto in sintonia con la coreografa Ilenia Romano: abbiamo condiviso ogni movimento, affinché fosse organico e mai decorativo; il testo è nato proprio come un piccolo poema per attrice e danzatrice.
Lo spettacolo Kakuma è una denuncia o un atto politico?
Spero sia un atto poetico.
Ti posso confessare una cosa?… a me personalmente inquieta il sottotitolo “pescare nel deserto”, mi aiuti a capire il perché?
A Kakuma un gruppo di giovanissimi rifugiati provenienti da diversi paesi in guerra, si sono riuniti e hanno creato un progetto straordinario di itticultura nel deserto. Si sono dati questo nome: fishing in the desert. Ai miei occhi il loro lavoro è emblematico: tutti coloro che vivono e lavorano a Kakuma stanno perseguendo un’impresa che pare impossibile.
Fishing in the desert, pescare nel deserto è un’utopia, ma è anche la direzione verso cui si sono mosse nella storia innumerevoli persone che hanno cambiato il destino del mondo.
A fine serata uscirò dal Teatro Elfo Puccini più incazzato o informato? Il tuo, passami il termine, “obiettivo” con Kakuma qual è? Se posso…
Sicuramente informato.
Mi auguro coinvolto, desideroso di riflettere e soprattutto spero che il pubblico possa uscire dal teatro convinto che in questo scenario complesso del mondo di oggi, ciascuno possa fare qualcosa, anche una piccola azione: credo che ognuno abbia la piccola grande responsabilità di pescare nel deserto e può giocarsela per dare un senso al proprio viaggio.
Anche in questo caso 5 domande non bastano per una tematica così importante e come detto da Laura Sicignano uscendo dal Teatro Elfo/Puccini ognuno di noi con una piccola ma grande azione ha la “responsabilità di pescare nel deserto e può giocarsela per dare un senso al proprio viaggio”.
Cominciamo questo viaggio andando a teatro.
Quando?
Dal 9 al 14 aprile 2024
Teatro Elfo/Puccini – Sala BAUSCH
KAKUMA
Fishing in the desert
testo e regia Laura Sicignano
con Irene Serini e Susannah Iheme
coreografia Ilenia Romano
Buona serata!
TiTo
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