Rassegna Itaca: 5 domande alla neo direttrice del Teatro Fontana Ivonne Capece

capece

A partire dal 20 aprile fino al 2 giugno al Teatro Fontana va in scena la Rassegna Itaca con quattro titoli; Thinking Blind, L’ultimo animale, Materiali per la morte della zia e Radici. Rassegna voluta da Rossella Lepore e ereditata dalla neo direttrice del Fontana Ivonne Capece alla quale ho girato le mie 5 domande, giusto per stuzzicare la nostra fantasia, prima però…

… ti posso chiedere come sta andando questa tua nuova avventura?

L’esperienza della direzione artistica è ancora ai suoi inizi per me, sono in una fase di profonda riflessione e osservazione delle identità culturali che mi circondano, degli artisti che si muovono e si sono mossi attorno alle poetiche del Teatro Fontana in questi anni, e di dialogo con le realtà istituzionali e teatrali del territorio. Si tratta di un’esperienza davvero esaltante per me, che sono sicura mi offrirà moltissimi stimoli creativi e comporterà una grande crescita personale.

Un grosso in bocca al lup… anzi no, nel gergo teatrale si usa dire:

Merda, merda, merda!

Adesso veniamo alla Rassegna Itaca giusto per capire quando e perché nasce…

Itaca nasce per volontà della direttrice uscente Rossella Lepore, con l’intento di dare ascolto e spazio di visibilità ad artisti emergenti, fuori dalla logica degli “under35”, ma in un discorso più complesso e profondo che riguarda la “notorietà” di un artista e non la sua età anagrafica o la sua esperienza. Itaca è da sempre la vetrina del Teatro Fontana per artisti non ancora noti al pubblico e agli operatori, ma la cui cifra artistica si contraddistingue per originalità di pensiero o potenzialità. All’interno di Itaca sono passate dunque giovani generazioni, artisti all’inizio della loro carriera, ma anche artisti già strutturati e con poetiche molto precise. È un’eredità stimolante per me, che intendo portare avanti valorizzando soprattutto la componente di originalità e ricerca delle proposte: nuove drammaturgie, nuove formule teatrali, e in generale nuove idee per il teatro, o almeno nuovi tentativi di ricerca.

Itaca dovrebbe diventare, nel mio intento, anche il contenitore protettivo in cui possono confluire processi non ancora portati a termine, studi, elaborazioni parziali di opere che ancora non sono giunte alla completezza: un momento in cui non solo artisti nuovi possano esprimersi, ma anche farlo senza sentire necessariamente il peso del “prodotto finito”.

Quattro spettacoli in rassegna, di cui uno con te in scena, cosa ci dobbiamo aspettare?

Itaca 2024 è un programma voluto da Rossella Lepore, e individuato prima della mia investitura al ruolo che attualmente ricopro. Mi sembra un segno simbolicamente bellissimo che la direttrice artistica del Teatro Fontana non appartenga alla schiera di artisti e registi blasonati, e non sia dunque in qualche modo un’artista “istituzionale” ma rappresenti chi “inizia il suo percorso” all’interno di un territorio e di una comunità teatrale. Naturalmente io sono ospite con le mie regie al Teatro Fontana da diversi anni, ma la ricerca fatta su Thinking Blind – performance nata in seno a Biennale College Sezione Performance Internazionale site specific – ha un carattere di sperimentazione che le permette di essere associata a percorsi di confine quali quelli che Itaca propone. Thinking Blind è un lavoro molto profondo (e mi permetto di dire sempre molto emozionante per il pubblico) esteticamente e musicalmente sofisticato, uno di quei progetti che potresti ritrovare anche in un museo d’arte contemporanea o all’estero.

L’ultimo Animale di Caterina Filograno è uno spettacolo intenso, allegro e pop che racconta il tema della “casa” e della “convivenza” con gli altri, attraverso una drammaturgia originalissima, che è quella tagliente e affascinante di una giovane autrice/regista.

Materiali per la morte della zia di Mattia Michele De Rinaldis tocca in modo sarcastico e critico il tema dell’elaborazione del lutto nel mondo del marketing e del consumismo, indaga dunque l’opposto dell’opera della Filograno, e cioè la mancanza, la perdita dell’altro (e in generale degli altri).

L’ultimo spettacolo della rassegna è Radici di Asterlizze: spettacolo che indaga il valore storico del movimento femminista in Italia, affrontando anche il tema dell’eredità generazionale.

Assistere a quattro spettacoli ha un costo, non ti chiedo quale non devo perdermi assolutamente, ma ti chiedo di descrivermeli in una parola… giusto per stuzzicare la mia fantasia e quella dei lettori di MilanoTeatri?

Thinking Blind: profondo come il mare;

L’ultimo animale: no-limits come l’aria;

Materiali per la morte della zia: concreto come la terra;

Radici: ardente come il fuoco.

A fine di ogni serata della Rassegna Itaca, cosa vorresti che si portassero a casa gli e le spettatori/trici del Teatro Fontana?

Intanto mi piacerebbe moltissimo che il pubblico iniziasse a concepire il percorso all’interno di una stagione teatrale o in questo caso di una rassegna, come un discorso unico che non può essere compreso attraverso un solo spettacolo, ma che dovrebbe necessitare di una visione quanto più possibile costante delle opere proposte. Bisognerebbe vederli tutti e poi individuare la traccia emotiva di ciò che è rimasto nella fusione di tutte le diversissime emozioni che ci hanno attraversato guardandoli.

In generale vorrei che gli spettatori alla fine di ogni serata destrutturassero un po’ di più i confini di quello che si aspettano di vedere e di capire. Quando mi capita di parlare con i bambini, leggo dentro di loro sempre una struttura fortissima, dei codici molto forti di ciò che deve e non deve essere, nella vita in generale, e nella forma che devono avere le cose, le situazioni, i rapporti e le persone: che cosa deve essere un padre e una madre, che cosa deve essere un buon allievo, che cosa un amico, e anche che cosa una materia, un libro ecc. Restiamo intrappolati da adulti in queste decodifiche del mondo e di noi stessi che raramente ci permettono la scoperta, la leggerezza dello stupore. In modo un po’ provocatorio affermo che il teatro dovrebbe in questo senso essere un’anti-scuola, una contro-scuola, un’istituzione fondamentale al contrario: se è necessario strutturare per la costruzione dell’identità della persona e del cittadino, altrettanto necessario è destrutturare.

Di seguito, da segnare in agenda, i quattro appuntamenti:

20 e 21 aprile 2024
spettacolo in cuffie wireless
THINKING BLIND
omaggio al film “Blue” di Derek Jarman
regia Ivonne Capece
drammaturgia Ivonne Capece e Walter Waleri
con Giulio Santolini, Ivonne Capece

Perché perdiamo il Paradiso Terrestre? Una misteriosa Eva-Natura che non mostra mai il volto e un giovane Adamo che si “contamina” e perde l’innocenza. Un’emozionante immersione visiva e sonora in cuffie wireless che ha girato i Musei d’arte contemporanea sul senso della vita umana, a partire dalle visioni del grande genio cinematografico Derek Jarman.

Ispirato al film Blue, uno spettacolo ad alto impatto emotivo su Hiv e diritti civili, e sugli atti creativi come forme di resistenza.

Lo spettacolo sarà accompagnato il 20 aprile ore 17.30 presso Foyer Fontana dal talk + drink KISS ME AGAIN. Tra cinema, teatro e mondo LGBTQIA+

condotto da Diego Vincenti

con la partecipazione di Priscilla Robledo co-direttrice artistica di Mix Festival di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer; Mauro Giori docente di storia del cinema e autore del saggio Omosessualità e cinema italiano. Dalla caduta del fascismo agli anni di piombo; Bruno Fornasari e Tommaso Amadio – direttori artistici del Teatro dei Filodrammatici di Milano; Michele di Giacomo – direttore artistico di Lecite Visioni Festival Teatrale LGBTQIA+; Ivonne Capece – direttrice artistica del Teatro Fontana, regista e performer.

28 e 29 maggio 2024
L’ULTIMO ANIMALE
drammaturgia e regia Caterina Filograno
con Francesca Porrini, Alessia Spinelli, Emilia Tiburzi, Anahì Traversi, e Carlotta Viscovo

Cristi vive in affitto a casa di Giudi, sua migliore amica. Cristi passa le giornate allenandosi, Giudi sperimentando nuove ricette. C’è un buco su una parete della camera di Cristi, ma Giudi non ha mai tempo di farlo riparare. A insaputa di Giudi nel buco abitano due procioni – Proc e Chino – ed un bruco di nome Bruka. Gli animali vengono nutriti e accuditi da Cristi, unico loro tramite con l’esterno, che promette continuamente un futuro migliore. Ma alle parole non seguitano mai i fatti.  Ed è proprio quel bosco, promessa non mantenuta, a fungere da motore della storia.

La relazione tra Cristi e Giudi è ostile, simbiotica, conflittuale. La morbosità del rapporto è data principalmente dal fatto di condividere la stessa casa da tanti anni. Casa che è rifugio, luogo di protezione. L’esterno appare faticoso da affrontare. Fuori ci sono troppe possibilità, troppe scelte da compiere. Tutto inizia ad incrinarsi quando Giudi conosce un ragazzo. Un terzo si intromette nella loro relazione, rompendo l’equilibrio. C’è poi la questione del buco e degli animali che vi abitano. Quel buco nero dove essi abitano è una porta verso l’inconscio, l’istinto, l’animalità appunto.

Questi esseri sono costretti in un luogo che non gli appartiene e vogliono quindi lasciarlo, per andare a vivere nel loro habitat naturale.

Pur sentendosi responsabile nei loro confronti, e in colpa quando non se ne prende la dovuta cura, Cristi finisce spesso per trascurarli. E così il suo comportamento rompe il loro legame fraterno: Chino mangia Bruka per non morire di fame.

La natura delle relazioni tra gli abitanti della casa viene fuori proprio nel rapporto con il cibo, nodo attraverso cui i vari rapporti si dispiegano.

È attraverso il cibo che tutti si definiscono. Il cibo è ciò che dà e toglie potere all’interno del testo: chi ce l’ha non ne ha bisogno, chi non lo ha lo desidera. Esso è la merce di valore all’interno dell’ecosistema ed è ciò che muove all’azione.

30 e 31 maggio 2024
MATERIALI PER LA MORTE DELLA ZIA
testo Mattia Michele De Rinaldis
regia collettiva Bribude Teatro e Athos Mion
di e con Sebastiano Bronzato, Isabella Rizzitello, Marko Bukaqeja

Una zia è venuta tristemente a mancare e c’è bisogno di un rito per onorare il suo passaggio a miglior vita. A prendersi quest’onere sulle spalle saranno preti alle prese con un’omelia “standard”, agenti di pompe funebri pronti a sfidarsi su offerte al ribasso, nipoti squattrinati disposti comunque a pagare funerali raffinati, attori alla ricerca di una performance che possa onorare un defunto… Materiali per la morte della zia è un tentativo in nove quadri di trovare un rapporto autentico con il lutto e con la morte. Nel mondo del marketing e del consumismo, siamo ancora in contatto con un rito funebre che possa essere sacro, essenziale, necessario? Siamo ancora in grado di raccontare e rappresentare la morte?

Da sempre il rito funebre crea una comunità senza la comunicazione, mentre oggi ci troviamo nella situazione opposta: siamo in balia della comunicazione senza comunità. La scomparsa del rito comporta una lenta esclusione della morte dal dibattito pubblico e personale dell’individuo. Ogni materiale proposto si presenta come un tentativo di approccio al lutto nel contesto di un generale impoverimento di senso della nostra ritualità occidentale.

Non siamo mossi dallo struggente desiderio di ritornare al rito nella sua accezione più antica, né tanto meno dalla nostalgia di qualcosa che non abbiamo conosciuto o non ricordiamo. La nostra ricerca si rivolge al teatro come strumento che consente di vivere in comunità in maniera diversa e di elaborare la mancanza di sacralità del lutto. Siamo convinti che la sola rappresentazione non possa adempiere a questa funzione: se non siamo in grado di parlare della morte della zia meglio lasciare il sipario chiuso, e limitarci a ricordare come faceva le cotolette.

1 e 2 giugno 2024
RADICI
testo di Alba Maria Porto e Giulia Ottaviano
regia di Alba Maria Porto
con Mauro Bernardi, Giorgia Coco, Federica D’Angelo, Lydia Giordano, Adele Tirante

Femminismo, diritti e continua lotta alla ricerca di se stessi. Un percorso d’amore e speranza, ma anche di realtà e ingiustizia. Tutto questo è Radici, opera che indaga sul valore storico del movimento femminista in Italia, affrontando il tema del rapporto genitori-figli e dell’eredità intergenerazionale.

Lo spettacolo procede in parallelo alternando presente e passato, passando dalla storia di due ragazzi d’oggi a quella di tre donne negli anni ’70 conducendoci in un viaggio nello spazio e nel tempo. Veniamo coinvolti dai cambi di luce, dai suoni e dai costumi, ma soprattutto dai temi che portano a interrogarci su argomenti quali l’appartenenza, l’identità, la famiglia.

In un quaderno sulla cui copertina campeggia la scritta “Coordinamento Femminista di Enna” sono racchiusi i verbali delle riunioni femministe avvenute in una provincia dell’entroterra siciliano a partire dal 1975. La drammaturgia originale prende spunto da questo documento e narra due storie che procedono in parallelo: quella delle donne del Coordinamento Femminista di Enna e, ai giorni nostri quella di un giovane uomo che scopre le proprie origini – fino ad allora tenutegli nascoste dalla famiglia – partendo alla ricerca della propria storia. Nel viaggio incontrerà una giovane donna con cui condividere esperienze e riflessioni. Radici riflette sul valore storico del movimento femminista in Italia e affronta il tema del rapporto genitori-figli e dell’eredità intergenerazionale.

Tutto questo vi aspetta al Teatro Fontana.

Buona Rassegna… Itaca!

TiTo

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