Recensione: “Giochi notturni”

giochi notturni

Il 29 settembre, all’interno della rassegna Hors per compagnie teatrali emergenti del teatro MTM Litta di Milano, è andato in scena “Giochi Notturni”, il primo spettacolo della compagnia teatrale radiceibrida insieme a “Figli”.

Una compagnia nata nel 2020 ma che ha già molto da raccontare, composta da 4 membri che si sono conosciuti durante gli studi presso l’Accademia dei Filodrammatici di Milano e che grazie alla forte passione in comune hanno deciso di trasformare il loro gruppo di studio in qualcosa di più grande.

Testo di Giulia Di Sacco, regia di Lapo Sintoni con l’aiuto di Diana Bettoja e recitazione di Francesca Macci e  di Giulia stessa: così Giochi Notturni ha preso forma ed è stato portato in scena dalla compagnia a Milano il mese scorso. Uno spettacolo intimista, che ruota attorno alle emozioni e che si inserisce all’interno di quella che Radice Ibrida vuole trasformare in una trilogia insieme a “Figli” e a una terza drammaturgia ancora inedita.

Al centro di “Giochi notturni” vi è un tema sociale molto forte e purtroppo estremamente attuale, quello della violenza domestica, che nel corso della rappresentazione assume diverse sfaccettature e fa riemergere con forza il complicato passato di due sorelle, Elisa e Margherita, che nonostante siano passati molti anni, continua ad avere fortissime ripercussioni sul loro presente e su quello dei loro familiari.

A scatenere questo spiazzante tuffo fra traumatici ricordi, un evento tutt’altro che ordinario: l’ennesima azione impulsiva e deresponsabilizzata di Margherita, la sorella minore, che trascina lei ed Elisa, la più grande, alla disperata ricerca di rapide soluzioni ad un enorme guaio, che se già in partenza sembra irreparabile,  inaspettatamente, scelta dopo scelta, riesce a diventare persino peggio di prima.

Un testo che si basa sulle emozioni e su rapporti familiari costituiti soprattutto da non detti, accompagnato da una scenografia minimalista, un tavolo e due sedie, che lascia tutto lo spazio necessario ai dialoghi, anche se lo spazio maggiore rimane occupato dalla sensazione di forte ansia che guida la rappresentazione e che mantiene sempre il pubblico in uno stato di tensione grazie alla creazione scenica di un’urgenza che pervade la scena in maniera costante e che veglia ineluttabile dall’alto sullo spettacolo.

La schietta drammaturgia della Di Sacco è ben accompagnata dalla regia senza fronzoli di Sintoni, che mette al primo posto la verosimiglianza delle dinamiche fra le due sorelle senza troppo curarsi dell’estetica e senza ricorrere ad escamotage artificiosi o elaborati, prediligendo la fluidità e il ritmo dei dialoghi, spesso serrati e fatti di incalzanti botta e risposta.

Una narrazione sincera e “di pancia”, ben interpretata dalla Di Sacco e dalla Macci, che anche grazie al loro affiatamento regalano al pubblico scene forti e reali di complicità tra sorelle in cui è possibile rispecchiarsi senza troppa difficoltà. Un primo progetto ben confezionato dalla compagnia Radice Ibrida, del quale si è curiosi di vedere i due seguiti appartenenti a questa preannunciata “trilogia della famiglia”.

Jasmine Turani

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